giovedì 31 gennaio 2013

LA MESSA DI SAN PIO V: ALTARI MAESTOSI, RITO SUBLIME,COMUNIONE IN GINOCCHIO

Ringrazio i gestori del gruppo-Facebook  che hanno gentilmente accettato la mia iscrizione a " La Messa di San Pio V : altari maestosi, rito sublime, comunione in ginocchio " così come gli altri organizzatori di gruppi che seguono la medesima tematica della Liturgia antica : Messa di sempre, Santa Messa di sempre, Sanctissima Missa Tridentina-Gregoriana, Sancta Missa Antiquus Ritus , Italia Tridentina ecc ecc
Potrò mai sdebitarmi per la serenità e per l'elevazione spirituale che questi "gruppi" infondono nel mio animo quando alla sera li leggo ?
Non nascondo la mia commozione nel constatare la fioritura su Internet di mini-gruppi che si rifanno alla spiritualità della Messa attualmente disciplinata dal Motu Proprio Summorum Pontificum.
La vera "liberalizzazione" dell'antica Liturgia è avvenuta attraverso la rete di Internet e l'apertura di alcuni siti-blog che hanno fatto storia in campo liturgico-tradizionale.
Fino alla diffusione di Internet era difatti proibito parlare della Messa antica e del messale detto di San Pio V .
"In illo tempore" eravamo assetati dell'antica spiritualità liturgica ed abbiamo  trovato ristoro per la nostra sete negli "storici "bollettini" stampati e diffusi da  " Una Voce-Italia" , da " La Tradizione Cattolica - della Fraternità Sacerdotale San Pio X- " da "Una Voce Torino",  da " Una Voce Firenze "  da " Si,si,no,no" il grande foglio antimodernista e da tante altre validissime pubblicazioni.
L'immane lavoro, a servizio dell'Ideale, compiuto nel passato da quei bravi volontari della Tradizione è assai maggiore dei nostri che, davanti al computer, in breve tempo riusciamo a comunicare  informazioni o ad evidenziare articoli di altri siti.
Sia al tempo degli Indulti del Beato Giovanni Paolo II che ora nel post - Summorum Pontificum siamo lasciati  soli a sostenere l'attuazione del Motu Proprio che dovrebbe essere un bene comune di tutta la comunità ecclesiale.
Il Santo Padre ha invece evidenziato che l'antica liturgia è importante anche per la spiritualità odierna , per la nostra perfezione spirituale, perchè ai nostri blog e alle nostre iniziative su internet non viene concesso l'avallo ufficiale delle Diocesi d'appartenenza dei blogghisti ?
Perchè nei siti diocesani non compare anche il link dei nostri gruppi liturgici ?
Pochi giorni fa abbiamo recepito alcune giuste critiche che il Vescovo d'Ivrea S.E.R.Mons. Edoardo Aldo Cerrato ha dovuto rivolgere agli organizzatori della S.Messa nell'antico rito  a Rivarolo Canavese a cui il Presule aveva assistito.
Eppure è stato detto di tutto ai tanti giovani che hanno dimostrato grande amore per la liturgia antica.
Cominciando da quel "amano i pizzi e i merletti" ( frase tralaltro uscita anche da diverse bocche di irriducili tradizionalisti dal gusto calvinista ...)   i conservatori nemici della novità liturgica introdotta dal Motu Proprio Summorum Pontificum e dalle ponderate "riforme" liturgiche dell'amato nostro Papa Benedetto XVI hanno bollato i giovani giovani come una specie di esaltati della formalità e della bellezza.
Se anche così fosse, se i nostri giovani si sentono attratti alle cose celesti , che esprimono la bellezza pura, se nei nostri conformati e materializzati giorni  essi riscono a esaltare l'essenza del cristiano " nel mondo ma non del mondo" attraverso le forme della bellezza liturgica cosa fanno di male ?
Proprio ieri un seminaristia-musicista-rock mi ha fatto capire, in scriptis, di non aver gradito il mio disappunto, di musicista e di fedele, al fatto che nella sua diocesi diano tanta importanza al rock per la formazione dei giovani.
Ecco una parte dell' indispettita reazione del Seminarista alle quattro ( di numero ) parole che avevo rivolto all'iniziativa di "evangelizzare" i giovani con la musica rock .
" Io ho suonato rock da una vita e come tutti dopo la cresima sono scappato dalla Chiesa proprio perchè piena delle strutture e formalismi di cui sei portavoce. Il Signore ha avuto comunque un altro progetto per me e mi ha riportato nella Chiesa così come ero e guarda un po' ora, che continuo a suonare rock alla grandissima (con la band di cui faccio parte abbiamo vinto anche diversi concorsi a livello nazionale), sto in seminario ".
Mi rivolgo ai nostri amati Pastori, che avranno sempre più bisogno delle nostre preghiere e del nostro operato di volontari liturgici,  di non lasciare soli tanti giovani e tanti fedeli che hanno dimostrato di amare con un amore incondizionato la Santa Chiesa e la splendente Liturgia Cattolica !
Abbiamo visto, purtroppo, con enorme tristezza che fine fanno le vocazioni rockettare o infettate di giovanilismo ...  le cronache, purtroppo, anche della mia regione se ne sono occupate  nella scorsa stagione estiva .
Non sono bastate le umiliazioni che il celeste Sacerdozio Cattolico ha dovuto sopportare a causa dei  tradimenti dei Chierici naturalmente a ritmo di rock ?
Viceversa a  tutti coloro che dedicano parte del loro tempo libero alla cura e alla diffusione della Liturgia tradizionale  come mezzo di santificazione e di lode divina un grande GRAZIE commosso e pieno di ammirazione !
A.C.

AGGIUNTA : Continua QUI con la lettera che un giovane ha oggi scritto al Seminarista rock


 



martedì 29 gennaio 2013

PREGHIERA DI PAOLO VI PER LA FEDE

PREGHIERA DI PAOLO VI PER LA FEDE 
Signore, io credo: io voglio credere in Te. 
O Signore, fa che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane. 
O Signore, fa che la mia fede sia libera: cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri che essa comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo in Te, o Signore.
O Signore, fa che la mia fede sia certa; certa d’una sua esteriore congruenza di prove e d’una interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa di una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante. 
O Signore. fa che la mia fede sia forte; non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce; non tema le avversità di chi la discute, la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza. 
O Signore, fa che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione con Dio e alla consacrazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso. 
O Signore, fa che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia in Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza. 
O Signore, fa che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del Magistero della santa Chiesa. 
Amen. 
Paolo VI

lunedì 28 gennaio 2013

"Monsignor Lefebvre, un Vescovo nella tempesta" : il successo del film che ha smentito certi "vaticanisti" ...

Anche quando si realizzano lavori di alto livello c’è sempre qualcuno, che, con i propri pregiudizi, mette in circolo commenti senza fondamento.
Questa volta si tratta di un commento diretto al Film-documentario Monsignor Lefebvre. Un Vescovo nella tempesta. Di fronte a questo scritto, non si può tacere, per sfatare il clima di pregiudizio superficiale che esso induce: «Mi aspettavo di trovare solo quattro gatti corrucciati del partito lefebvriano e invece nella sala strapiena vedo molte persone in piedi, molti giovani, molti sacerdoti e religiosi […]. La Fraternità è molto più viva e normale di quanto ci venga normalmente dipinta dai c.d. “vaticanisti”».

Prima di parlare e, più ancora, prima di scrivere occorrerebbe sempre riflettere. 
Non esiste nessun partito lefebvriano, esiste una Fraternità di Sacerdoti legittimamente fondata nel 1970 che da più di quarant’anni lotta per amore della Chiesa, per amore del Santo Sacrificio dell’Altare (ovvero la Santa Messa tridentina, liberalizzata da Benedetto XVI con il Motu Proprio Summorum Pontificum del 2007), per amore del Papa, per la formazione della santità sacerdotale (e in questa formazione sono compresi non solo la preparazione filosofica-teologica di san Tommaso d’Aquino, ma anche i sacrifici, che temprano la volontà, dominano la persona e favoriscono l’autocontrollo), per la Santa Tradizione, per difendere ciò che appartiene più al soprannaturale che alla terra. Per questi amori ha vissuto sofferenze che soltanto chi ha compreso l’insegnamento di Nostro Signore Gesù Cristo può misurarne il valore: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11-12).

Nella sala cinematografica «Le quattro fontane» di Roma, ebbene sì, c’erano molti giovani, molti sacerdoti e molti religiosi che pensano con la loro testa e non vengono condizionati dalle pitture deformate, condizionate, interessate e manipolate dei «vaticanisti».

Venendo in merito al Film-documentario, prodotto dall’Association pour la Défense du Patrimoine chrétien e diretto dall’abile regista Jacques-Régis du Cray, viene detto che due domande sono state frustrate, ovvero: «perché dal 1974 ha portato avanti la Fraternità Sacerdotale San Pio X nel momento in cui la Santa Sede gliel’ha sciolta» e «perché nel 1988 ha voluto ordinare quattro vescovi nel momento in cui la Santa Sede gliene stava concedendo uno».

Per rispondere al primo quesito c’è la bella e chiara intervista all’Abbé Jean-Yves Cottard. 
Egli, all’epoca giovane chierico del Seminario francese di Santa Chiara a Roma, con alcuni altri confratelli, implorò il Vescovo Lefebvre affinché li potesse seguire per continuare a ricevere la formazione sacerdotale secondo i canoni della Tradizione della Chiesa. Egli afferma che, nonostante i suoi 19 anni, osò fare questa richiesta, spinto dalla profonda preoccupazione di perdere tale patrimonio.

Per rispondere al secondo punto è sufficiente prestare attenzione all’intera narrazione storica, intercalata da solide testimonianze. Monsignor Lefebvre ordinò quattro Vescovi perché era necessario dare una continuità alla fondazione della Fraternità San Pio X, si stava, infatti, avvicinando la fine dei giorni per il Vescovo originario di Tourcoing e, senza altri episcopi non ci sarebbe stato un futuro all’Istituzione (come avrebbero desiderato in molti), perciò, per dare un domani più certo, non si limitò alla consacrazione di un Vescovo, bensì di quattro (il cui decreto di scomunica è stato abrogato da Sua Santità Benedetto XVI nel 2009), anche perché volle rispondere al continuo procrastinare, da parte delle autorità vaticane, della stessa consacrazione. 
Grande era la preoccupazione di Monsignor Lefebvre di morire prima, lasciando allo sbando figli, seminaristi, fedeli e, soprattutto, privando la Chiesa della ricchezza della Santa Messa di sempre e della Tradizione.

Il documento-video è stato realizzato con due scopi:

1) Raccontare la vita di Monsignor Lefebvre in termini storici.
2) Spiegare i cocenti problemi maturati dentro il Concilio Vaticano II.

Tali obiettivi sono stati egregiamente raggiunti.
Se poi la vita di Monsignor Lefebvre ha molti connotati che profumano di santità (a cominciare dalle radici familiari, per poi passare all’assunzione in toto dell’abito sacerdotale, allo spirito di monaco missionario – perché oltre a sacerdote, fu anche spiritano – fino all’assunzione della grave responsabilità episcopale) e seguono i canoni di chi ascolta più la volontà e i disegni di Dio che quelli del mondo, a costo di perdere la propria faccia, la “colpa” non è né dei committenti, né del produttore, né del regista, ma è la realtà dei fatti che parla e si difende da sé: più gli anni passano e più emergono prove e riscontri che egli visse soltanto per la maggior Gloria di Dio, per servire la Chiesa e per il bene delle anime.

La «debolezza» denunciata nel commento non è presente nel Film, ma nel commento stesso. I Film-documentari non hanno e non possono avere il compito di analisi, ma sono atti ad offrire un approccio, un “assaggio” ad una data tematica, con l’intento anche di invogliare il fruitore alla ricerca, all’indagine. I sussidi per approfondire non sono mai stati (e non lo possono essere, proprio per la loro fisionomia intrinseca) i documenti-video, ma i libri, i saggi, i dibattiti.

I pregiudizi non permettono di osservare con serenità e libertà. Occorre informarsi, leggere, ricercare, non fidandosi dei «vaticanisti», ma di coloro che da anni studiano e spendono le loro ore diurne, e talvolta notturne, per la sete di comprendere.

In questo misero commento si invoca ad una maggiore «pignoleria nell’esporre le ragioni che hanno convinto mons. Lefebvre». Ma si conoscono le esigenze cinematografiche? La pignoleria non appartiene al linguaggio e alla comunicazione audiovisiva. Il Film è già molto lungo (100 minuti) e in questo tempo vengono esposti quadri atti a far capire la vita di un uomo della Chiesa che non si conosce affatto, perché su di lui sono stati seminati, per bene, i pregiudizi (e il commento a cui ci riferiamo ne è una lampante dimostrazione).

Qui non sono presenti «slogan», tantomeno «vittimismi»: è l’occhio di «Nato Stanco» che, in malafede, vede ciò che non esiste. Prima di azionare le parole, ripetiamo, occorre riflettere, ma bisogna avere anche grande rispetto di fronte a drammi storici, religiosi, umani e di coscienza di una tale portata. E, qui, il dramma è stato vissuto in prima persona anche dai Sommi Pontefici, recando una profonda sofferenza, soprattutto quella di Paolo VI, al quale la Conferenza Episcopale francese, di ispirazione decisamente progressista, dipingeva la figura di Monsignor Lefebvre come quella di un infame.

Questo Film non «tace» affatto: la codardia non può appartenere all’istituzione di un Vescovo tanto coraggioso da avere l’audacia di ribellarsi… ribellarsi - si badi bene - non al Papa e ai Sacri Palazzi (questo è ciò che appare), ma alla rivoluzione modernista (questo il vero scopo del suo agire) che era penetrata, a causa delle filosofie e teologie in voga in quegli anni, all’interno della stessa Chiesa.

Infine «dannoso» non è questo ricco, intenso, curato e articolato Film (godibile anche dal punto di vista tecnico, basti pensare a quel gradevolissimo accorgimento di mostrare nitidamente, nelle fotografie, la figura di Marcel Lefebvre, bambino, sacerdote, missionario, Vescovo, mentre tutto il resto è sfocato, per identificare subito la sua immagine), ma futili e anonimi commenti come questo, che falsano la realtà, ingannando le persone.

Cristina Siccardi

" Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia ".

Allarme per la diffusione dell’ideologia di genere nel rapporto sulla dottrina sociale della Chiesa


Allarme per la diffusione dell’ideologia di genere nel rapporto sulla dottrina sociale della Chiesa

Dall’Occidente un nuovo colonialismo

Trieste, 28. «L’ideologia del gender» rappresenta «un nuovo colonialismo dell’Occidente sul resto del mondo». 
È questo il dato allarmante più significativo presente nel quarto rapporto dell’Osservatorio internazionale cardinale Van Thuân sulla dottrina sociale della Chiesa, presentato sabato 26 nel capoluogo friulano dal suo presidente, l’arcivescovo-vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi. 
Infatti, nel corso di un solo anno, il 2011 — arco temporale a cui si riferisce lo studio — «è emerso in tutta la sua forza sovversiva il fenomeno della “colonizzazione della natura umana”», ossia quell’insieme di enormi pressioni internazionali affinché i Governi cambino la loro tradizionale legislazione sulla procreazione, sulla famiglia e sulla vita. 
Sotto scacco sono soprattutto i Paesi dell’America latina. In particolare, viene citato il caso emblematico dell’Argentina, dove come ha evidenziato monsignor Crepaldi, nel breve giro di dodici mesi «quel grande Paese di tradizione cristiana ha avuto una legge sulla procreazione artificiale che ha denaturalizzato la procreazione, una legge sul riconoscimento sulla “identità di genere” che ha denaturalizzato la famiglia e una modifica del Codice civile per permettere l’”utero in affitto” che ha denaturalizzato la genitorialità». 
L’ideologia del genere, viene sottolineato, «si è diffusa, senza incontrare una vera opposizione, nei Paesi avanzati e ormai viene anche insegnata nei manuali scolastici delle scuole pubbliche senza che questo faccia sorgere grandi contestazioni». 
Il dato nuovo è che «viene ora esportata con sistematicità nei Paesi emergenti e poveri». 
Si tratta di «una ideologia sottile e pervasiva, che si appella ai “diritti individuali”, di cui l’Occidente ha fatto il proprio dogma, e a una presunta uguaglianza tra individui asessuati, ossia astratti, per condurre una decostruzione dell’intero impianto sociale».
D.L.M.


29 gennaio 2013

domenica 27 gennaio 2013

Ordinazione Sacerdotale di Don Riccardo Patalano nel Duomo di Ascoli Piceno.



Sabato 26 gennaio 2013 : Basilica Cattedrale Sant'Emidio di Ascoli Piceno Ordinazione Sacerdotale di Don Riccardo Patalano. Ha conferito il Sacramento dell'Ordine Presbiterale Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Silvano Montevecchi, Vescovo Diocesano.

















venerdì 25 gennaio 2013

Perseguitare i Cattolici : seguire con accanimento, tallonare, non dare fiato, evitare che abbiano voce !

Forse sfugge a molti cattolici il concetto di persecuzione, abituati come sono a considerare tale soltanto la lotta aperta ai cristiani, con le ghigliottine e le fucilazioni. 
Abbiamo due osservazioni da considerare. 
La prima proviene direttamente da Nostro Signore, il quale ci ha detto che saremo sempre perseguitati. 
Sempre! 
Cioè anche quando non ci sono tribunali e palchi di tortura. 
La seconda proviene dall'etimologia: perseguitare significa seguire con accanimento, tallonare, non dare fiato. 
Quindi non si tratta semplicemente di scovare i cristiani durante una lotta aperta, bensì di evitare che abbiano voce. 
E' evidente che non esista metodo più sicuro che quello di spegnere per sempre la voce. 
Tuttavia non sempre si può ricorrere alla soppressione fisica. Da qui qualcuno ha ricavato l'idea che non ci stiano perseguitando.
Bisogna poi riflettere su un altro dato, probabilmente più inquietante del primo. 
Mai nella storia, in modo così massiccio, la persecuzione ha trovato terreno tanto fecondo nella stessa compagine ecclesiale. Noi non ce ne rendiamo conto, perché certe idee convivono nei nostri dibattiti e la confusione sembra essere diventata la norma. 
Se però ci ponessimo, con la fantasia, nei panni di un ipotetico kamikaze inviato ad uccidere dei cattolici, dovremmo prendere atto che il poveretto non saprebbe che pesci pigliare.
Infine è bene ricordare che il martirio ha volti diversi. 
Parliamo, chiaramente, del martirio come lo intende la nostra fede, e non di chi si espone alla morte per altri motivi, accreditandosi quale martire solo perchè chierico o impegnato in associazioni o attività in qualche modo riconducibili al cattolicesimo.
E' evidente che Lucia, Agata, Maria Goretti, Massimiliano Kolbe, Tommaso Moro e Luigi Stepinac sono martiri in modo diverso. Tutti, però, hanno dato la vita per la fede. 
Perché la fede non è soltanto la professione delle verità formulate nel Credo. 
Oggi nessuno ricorda più che fede e morale non possono essere dissociate, come non si ricorda che Giovanni Battista non fu ucciso per aver confessato qualche attributo di Gesù, bensì per aver detto "non ti è lecito"!
Quella in atto è un'autentica persecuzione. 
La Chiesa parla ed esige -e ne ha tutto il diritto- ma i cattolici appaiono affascinati dal nuovo che incombe. 
Certo, può apparire strano che la confessione di fede vada fatta in una cabina elettorale, in un pubblico dibattito, al supermercato e sui mezzi di trasporto, invece che davanti ad un plotone di esecuzione. 
Ma le cose non cambiano!
Forse si pensa che occorra essere integri e immacolati per potersi opporre alla persecuzione. 
Non è così! Bisogna riconoscere che il puritanesimo, vale a dire quanto di più anticattolico possa esistere, oggi ha fatto breccia nelle menti. 
Siamo tutti poveri uomini e nessuno è stato finora indenne dal peccato. 
Se Gesù avesse previsto la coerenza morale, avrebbe mandato gli angeli a gridare la verità dai tetti, e non l'avrebbe raccomandato ai suoi discepoli. Invece ci ha detto di gridare!
Nessuno è stato più coerente di cristiani che non avevano forse una vita perfetta, ma che sono stati uccisi in massa. 
E' accaduto in Francia e accade oggi in altre parti del mondo.
Lasciamo al mondo l'idea della coerenza. 
Noi abbiamo qualcosa di più grande: la grazia. 
Diciamo sempre che dobbiamo essere santi, che dobbiamo amare, e cose simili (sacrosante!).
E poi perdiamo l'occasione di poter cominciare veramente ad esserlo!
"Chi non è con me, è contro di me"!. 
Gesù non stava parlando degli antichi romani o dei musulmani. 
Stava parlando di me e di voi!

Don Antonio Ucciardo ( per gentile concessione dell'Autore )







Ordine nella Chiesa !


MOTU PROPRIO "FIDES PER DOCTRINAM" CHE TRASFERISCE LA COMPETENZA SULLA CATECHESI AL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PROMOZIONE DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

Lettera apostolica in forma di Motu Proprio Fides per doctrinam con la quale si modifica la Costituzione apostolica Pastor bonus e si trasferisce la competenza sulla Catechesi dalla Congregazione per il Clero al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
 
La fede ha bisogno di essere sostenuta per mezzo di una dottrina capace di illuminare la mente e il cuore dei credenti.

Il particolare momento storico che viviamo, segnato tra l’altro da una drammatica crisi di fede, richiede l’assunzione di una consapevolezza tale da rispondere alle grandi attese che sorgono nel cuore dei credenti per i nuovi interrogativi che interpellano il mondo e la Chiesa. L’intelligenza della fede, quindi, richiede sempre che i suoi contenuti siano espressi con un linguaggio nuovo, capace di presentare la speranza presente nei credenti a quanti ne chiedono ragione (cfr 1 Pt 3,15).


E’ compito particolare della Chiesa mantenere vivo ed efficace l’annuncio di Cristo, anche attraverso l’esposizione della dottrina che deve nutrire la fede nel mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio fatto uomo per noi, morto e risorto per la nostra salvezza. Essa lo deve compiere instancabilmente attraverso forme e strumenti adatti, perché quanti accolgono e credono all’annuncio del Vangelo rinascano a nuova vita mediante il Battesimo.

Nel cinquantesimo anniversario dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, mentre la Chiesa riflette ancora sulla ricchezza d’insegnamento contenuto in quei documenti e trova nuove forme per attuarlo, è possibile verificare il grande cammino compiuto in questi decenni nell’ambito della catechesi, cammino però che non è stato esente, negli anni del dopo Concilio, da errori anche gravi nel metodo e nei contenuti, che hanno spinto ad una approfondita riflessione e condotto così all’elaborazione di alcuni Documenti postconciliari che rappresentano la nuova ricchezza nel campo della Catechesi.

Il Venerabile Servo di Dio Paolo VI ebbe a scrivere, nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: «Una via da non trascurare nella evangelizzazione è quella dell'insegnamento catechetico. L'intelligenza, soprattutto quella dei fanciulli e degli adolescenti, ha bisogno di apprendere, mediante un insegnamento religioso sistematico, i dati fondamentali, il contenuto vivo della verità che Dio ha voluto trasmetterci e che la Chiesa ha cercato di esprimere in maniera sempre più ricca, nel corso della sua lunga storia» (n. 44: AAS 68 [1976], 34).

Alla stessa stregua, il beato Giovanni Paolo II, a conclusione del Sinodo dei Vescovi dedicato alla Catechesi scrisse: «Lo scopo della Catechesi, nel quadro generale dell’evangelizzazione, è di essere la fase dell’insegnamento e della maturazione, cioè il tempo in cui il cristiano, avendo accettato mediante la fede la persona di Gesù Cristo come il solo Signore e avendogli dato un’adesione globale mediante una sincera conversione del cuore, si sforza di conoscere meglio questo Gesù, al quale si è abbandonato» (Esort. ap. Catechesi tradendae, 20: AAS 71 [1979], 1294).

Per celebrare il ventesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II, il beato mio Predecessore convocò un altro Sinodo dei Vescovi e, in quella sede, i Padri Sinodali espressero il vivo desiderio che si procedesse alla stesura di un Catechismo per offrire alla Chiesa universale una sintesi sistematica della dottrina e della morale secondo il dettato conciliare. Con la Costituzione apostolica Fidei depositum, dell’11 ottobre 1992, il beato Giovanni Paolo II promulgava il Catechismo della Chiesa Cattolica e, con Motu Proprio del 28 giugno 2005, io stesso ho approvato e promulgato il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Non si possono dimenticare altre tappe significative per precisare la natura, i metodi e le finalità della Catechesi nel processo dell’evangelizzazione. Nel 1971, la Congregazione per il Clero pubblicò il Direttorio Catechistico Generale con l’intento di compiere una prima sintesi riguardo al cammino compiuto nelle diverse Chiese locali, che, nel frattempo, avevano realizzato un loro proprio percorso catechetico. A seguito della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, la stessa Congregazione per il Clero, nel 1997, emanò il Direttorio Generale per la Catechesi, ribadendo il desiderio della Chiesa che una prima tappa del processo catechistico sia ordinariamente dedicata ad assicurare la conversione (cfr n. 62).

L’insegnamento conciliare e il Magistero successivo, facendosi interpreti della grande tradizione della Chiesa in proposito, hanno legato in maniera sempre più forte la Catechesi al processo di evangelizzazione. La Catechesi, quindi, rappresenta una tappa significativa nella vita quotidiana della Chiesa per annunciare e trasmettere in maniera viva ed efficace la Parola di Dio, così che questa giunga a tutti, e i credenti siano istruiti ed educati in Cristo per costruire il Suo Corpo che è la Chiesa (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 4).

Con la Lettera apostolica, in forma di Motu Proprio, Ubicumque et semper, ho istituito, il 21 settembre 2010, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che svolge «la propria finalità sia stimolando la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione, sia individuando e promuovendo le forme e gli strumenti atti a realizzarla» (art. 1 § 2: AAS 102 [2010], 791). In modo particolare, ho voluto assegnare al nuovo Dicastero il compito di «promuovere l’uso del Catechismo della Chiesa Cattolica, quale formulazione essenziale e completa del contenuto della fede per gli uomini del nostro tempo» (art. 3, 5°: AAS 102 [2010], 792).

Ciò considerato ritengo opportuno che tale Dicastero assuma tra i suoi compiti istituzionali quello di vegliare, per conto del Romano Pontefice, sul rilevante strumento di evangelizzazione che rappresenta per la Chiesa la Catechesi, nonché l’insegnamento catechetico nelle sue diverse manifestazioni, in modo da realizzare un’azione pastorale più organica ed efficace. Questo nuovo Pontificio Consiglio potrà offrire alle Chiese locali e ai Vescovi diocesani un adeguato servizio in questa materia. 

Perciò, accogliendo la concorde proposta dei Capi Dicastero interessati, ho deciso di trasferire al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione le competenze che, in materia di Catechesi, la Costituzione apostolica Pastor bonus, del 28 giugno 1988, aveva affidato alla Congregazione per il Clero, con la stessa giurisdizione che finora esercitava la medesima Congregazione in questa materia ed è richiesta dall’ordinamento canonico.

Di conseguenza, alla luce delle considerazioni precedenti, dopo aver esaminato con cura ogni cosa e aver richiesto il parere di persone esperte, stabilisco e decreto quanto segue:

Art. 1

È abrogato l’art. 94 della Costituzione apostolica Pastor bonus, e la competenza che in materia di Catechesi svolgeva finora la Congregazione per il Clero è integralmente trasferita al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.

Art. 2

È ugualmente trasferito al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione il "Consiglio Internazionale per la Catechesi" istituito dal Venerabile Servo di Dio Paolo VI con Lettera del 7 giugno 1973. Di tale Consiglio assume la presidenza il Presidente del Pontificio Consiglio e ne farà parte ex officio il Segretario dello stesso Dicastero.

Art. 3

In base alle competenze conferite con il presente Motu proprio, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione:

§ 1. cura la promozione della formazione religiosa dei fedeli di ogni età e condizione;

§ 2. ha facoltà di emanare norme opportune perché l’insegnamento della Catechesi sia impartito in modo conveniente secondo la costante tradizione della Chiesa;

§ 3. ha il compito di vigilare perché la formazione catechetica sia condotta correttamente nel rispetto delle metodologie e finalità secondo le indicazioni espresse dal Magistero della Chiesa;

§ 4. concede la prescritta approvazione della Sede Apostolica per i catechismi e gli altri scritti relativi all’istruzione catechetica, con il consenso della Congregazione per la Dottrina della Fede;

§ 5. assiste gli Uffici catechistici in seno alle Conferenze Episcopali, segue le loro iniziative riguardanti la formazione religiosa ed aventi carattere internazionale, ne coordina l’attività ed eventualmente offre loro l’aiuto necessario.

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgato mediante la pubblicazione sul quotidiano della Sede Apostolica "L’Osservatore Romano", entrando in vigore quindici giorni dopo la promulgazione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 16 gennaio dell’anno 2013, ottavo del Pontificato.

BENEDICTUS PP. XVI

Dal blog : Difendere la fede

giovedì 24 gennaio 2013

Cardinale Bagnasco, la Chiesa "ovviamente" non si schiera


AGI) - CdV, 24 gen. - 
La Chiesa non si schiera in vista delle elezioni. 
Lo sostiene il cardinale Angelo Bagnasco, rispondendo a una domanda dei giornalisti, a margine della presentazione del suo libro "La porta stretta". "
No, ovviamente, non si schiera - ha spiegato - ma ricorda i valori che occorre difendere, quelli che hanno un fondamento antropologico". 
Come deve comportarsi il cattolico in politica? "Deve essere se stesso fino in fondo", ha risposto ancora il cardinale. 
E quando gli hanno chiesto se come presidente Cei e' soddisfatto della presenza dei cattolici nelle diverse liste, il cardinale ha tagliato corto ricordando che "debbono essere coerenti".

Chiesa del Gesù a Roma : " ricorso gerarchico e via... inutile perdere tempo! " Chiarezza dopo la "risposta" di un Padre Gesuita ad un fedele


Da MiL prendo un interessante post che mi piacerebbe sviluppare con l'aiuto di amici esperti di Arte Sacra onde approfondire la tematica dei vincoli per gli interni delle chiese che, essendo  monumenti nazionali, ricevono regolari  contributi dallo Stato Italiano per la loro salvaguardia.
Traduco in maniera molto spiccia il mio interrogativo : com'è possibile che un mio amico che possiede, ancora, un Palazzo storico  tutelato, si sia beccato una multa consistente per aver sostituito, onde non mettere a repentaglio la propria pelle e quella dei suoi cari ,  un trave frantumato  mentre au contraire i Chierici sfasciano tutto quello che vogliono all'interno delle chiese-monumenti nazionali  togliendo le balaustre e allestendo degli orridi cubi davanti gli altari moumentali ?
Chiediamo all'E.mo Cardinale Bertone, il più grande Collaboratore ed Amico del Papa, di far zittire quanto i Padri Gesuiti hanno scritto in risposta dal dolente fedele. 
Nella lettera di "replica" difatti è stato candidamente smentito quanto il Santo Padre, fin dall'inizio del suo Pontificato, ha detto e scritto molte volte  ormai a tutti noto come   " ermeneutica della continuità"  e " sentire cum Ecclesia ".
Eminenza ci pensi Lei !

LETTERA DEL FEDELE
Salve Reverendi Padri,
vi scrivo per dirvi che sono molto amareggiato da come negli ultimi anni è ridotta la chiesa del Gesù. 
Gli altari laterali, compreso il noto altare di s.Ignazio, sono completamente spogli, senza tovaglie nè candelabri nè crocifissi nè fiori, non viene più allestito il presepe in chiesa, e, la nota più dolente, è la risestimazione del presbiterio, con quell\'orribile cubo marrone al posto dell\'altare, e con l\'antico altare alle spalle completamente spoglio anche questo. insomma, come rovinare una delle più belle chiese di Roma, emblema della Controriforma cattolica, e che è stata chiaramente protestantizzata a seguito di queste modifiche tipicamente anticattoliche.
Anche l'adorazione eucaristica è sparita dalla chiesa del Gesù.
Mettetevi una mano sulla coscienza e riportate la chiesa del Gesù agli antichi splendori, è vergognoso che sia ridotta così, s.Ignazio non ne sarbbe alquanto fiero!

I RISPOSTA DI UN PADRE DELLA COMPAGNIA DI GESU'
Gentile Signore,
lei merita il massimo rispetto per i suoi gusti estetici e liturgici.
Non mancano certamente a Roma le Chiese disposte come a lei piace e dove può ricreare opportunamente la sua anima.
Permetta un po' di spazio anche a chi ha gusti diversi . 
Se lei avesse la bontà di manifestare questi suoi disagi anche a livelli Altissimi troverebbe certamente chi l'approverebbe, perci non si faccia scrupolo a protestare, se lo ritiene opportuno, anche presso la Persona del Santo Padre: è un suo diritto.
Quanto a noi, presumiamo di conoscere almeno un po' lo spirito di S. Ignazio, il quale fu il primo ad adeguarsi agli insegnamenti del Concilio di Trento, così come noi ci sforziamo di  (Concilio anch'esso guidato dallo Spirito Santo e presieduto da due papi uno dei quali già Beato e l'altro in procinto di essere proclamato).
Ma, se mi permette, le dirò che ciò che lei ritiene degno di critica amara è stato ed è molto apprezzato, oltre che da noi, da valenti esperti in molti settori Teologia, liturgia, architettura...
Inoltre le assicuro che la "simbolica" che deve sempre accompagnare ogni intervento è rispettata infinitamente di più che in molte costruzioni moderne e antiche.
Se lei si riconosce tra i laudatores temporis acti è certamente in buona compagnia. Tenga presente però che il passato ... è passato e Gesù ha detto a chi lo voleva seguire, ma con qualche reticenza: lascia che i morti seppelliscano i loro morti.
Le auguro di cuore tanta pace nel Signore
pdl

Una sola osservazioneNoto , fra le varie cose,  che il Reverendo Padre chiede di  aderire senza reticenze allo Spirito del Vaticano II e NON di aderire, come conviene ad un Cattolico, ai Documenti del Concilio Vaticano II !!!

Il Successore di Pietro e Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo ai Padri della Compagnia di Gesù :
" Come dice la Formula del vostro Istituto, la Compagnia di Gesù è istituita anzitutto “per la difesa e la propagazione della fede”. In un tempo in cui si aprivano nuovi orizzonti geografici, i primi compagni di Ignazio si erano messi a disposizione del Papa proprio perché “li impiegasse là dove egli giudicava essere di maggior gloria di Dio e utilità delle anime” (Autobiografia, n. 85). Così essi furono inviati ad annunciare il Signore a popoli e culture che non lo conoscevano ancora. 
Lo fecero con un coraggio e uno zelo che rimangono di esempio e di ispirazione fino ai nostri giorni: il nome di San Francesco Saverio è il più famoso di tutti, ma quanti altri se ne potrebbero fare! 
Oggi i nuovi popoli che non conoscono il Signore, o che lo conoscono male, così da non saperlo riconoscere come il Salvatore, sono lontani non tanto dal punto di vista geografico quanto da quello culturale...."Benedetto XVI 21 febbaio 2008


Quasi a commento delle luminose parole del Santo Padre, Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo e Successore dell'Apostolo Pietro il commento di un fedele :

" 1) I fedeli non devono andare nella chiesa più congeniale ai loro gusti. 
I fedeli hanno diritto a trovare in ogni chiesa cattolica obbedienza alle norme cattoliche e non alle mode di teologi, liturgisti e architetti; se ciò non avviene possono rivolgersi ai Vescovi o a Roma direttamente.
2) No, noi non siamo padroni di niente, ma solo custodi e servitori nella Vigna del Signore.
3) I gesuiti, è triste dirlo, tra qualche anno avranno risolto tutti i loro problemi, visto che si saranno quasi completamente estinti. 
Farebbero bene a pregare lo Spirito, a pregare il loro santo padre Ignazio, con tutta la schiera di santi e martiri figli di Ignazio, perchè rinnovino la loro fede e donino loro conversione (conversione = rivolgersi a Dio). 
E lo dico con tutto il dolore di questo mondo...cosa hanno fatto della loro vocazione? proprio qualche mese fa leggevo le lettere di Francesco Saverio. 
Il fuoco di Cristo brucia il mondo. 
Ora la loro scienza è vuota, i loro discorsi insipidi! 
Quale giovane darà mai la vita per una cosa del genere.
4) Obbedienza al Papa non è meramente un atto formale e normativo: è anzitutto un atto 
 affettivo!"


Saggiamente ecclesiale questa considerazione di un altro Lettore :
 


" E' bene che gli scandali si vedano: a questo proposito sarebbe stata utile una carrellata fotografica degli scempi, una descrizione dei fatti più che star a far a cornate con que' caproni irranciditi nello spirito (del concilio). 
E' evidente che la spocchia è la degradazione ultima ed infima di un'autorevolezza che ormai è soltanto un lontano ricordo. 
La Provvidenza Celeste sta già mettendo mano con il dono della sterilità vocazionale per questa gente; e forse a questo il Concilio Vaticano II  serve, a purificare la Chiesa: è uno strumento per discriminare i veri cattolici dai modernisti facendoli uscire sfrenatamente allo scoperto e inducendoli all'autodistruzione e alla morte per inedia spirituale. 
Son tempi brutti ma passeranno. 
A noi il compito di guardare alle due Colonne: la Santa Eucaristia e la Santa Vergine. 
Le procelle passano come tutto il cosiddetto Nuovo passa: le parole di Nostro Signore rimangono.
 

Consiglio di porre un Vostro commento sul post di Messainlatino QUI

martedì 22 gennaio 2013

Mons.Edoardo Cerrato : “ lectio caritatis” ai fedeli che seguono il Motu Proprio “Summorum Pontificum”



Nei giorni scorsi abbiamo ringraziato la Divina Provvidenza  per il gesto , di grande portata teologica e pastorale, che il nuovo Vescovo d’Ivrea Mons. Edoardo Aldo Cerrato aveva fatto assistendo  alla Santa Messa nella forma antica nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo in Rivarolo Canavese (TO)  Diocesi di Ivrea, per iniziativa della Associazione “John Henry Newman”.
Il Presule  ha spiegato ai fedeli della Sua Diocesi le motivazioni adducendo, a latere, saggi ragionamenti del "sentire cum Ecclesia" :  una vera lezione di verità e di carità per tutti !
All’alba di oggi ho letto il testo dell'articolo del Vescovo Mons. Cerrato diffuso da Cordialiter e mi ha repentinamente colpito questa frase  : “Non è amore di verità enfatizzare la celebrazione di una S. Messa – come è stato fatto da quelli a cui si deve l’iniziativa – quasi che si trattasse di un evento straordinario, mentre “straordinaria” è solo la “forma” in cui il Rito, questa volta, è stato celebrato. "
Ora ritrovo su Mil, dove è stato poi postato l’intero intervento del Vescovo di Ivrea questo sagace commento : “Perfetto. E allora cari Vescovi fate in modo che il celebrare la Messa di sempre non sia un evento straordinario, bensì ordinario!”
Una bella e intelligente " provocazione " del lettore di MiL sulla quale vale la pena di fare un po’ di storia recente per capire fino in fondo il ( giusto ) rilievo che l’Ecc.mo Vescovo d’Ivrea ha voluto esprimere.
Dopo la pubblicazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum” c’è stata una vera primavera liturgica su cui , spero, nessuno ha da ridire.
La Liturgia difatti attraverso la riaffermazione del modus celebrandi secondo la Dottrina Cattolica ne ha tratto grande giovamento anche per la forma celebrativa rinnovellata dopo il Concilio Vaticano II .
Conseguentemente al Summorum Pontificum sono nati dei  gruppi  di fedeli ( al 99/100 laici) che hanno promosso in Italia ed all'estero la forma liturgica antica spronando il sonnacchioso clero, che aveva smarrito il fecondo fascino della Liturgia “  digne , attente ac devote " a riprendere le antiche forme liturgiche che tanta santità e fedeltà alla Chiesa avevano prodotto per quasi 2000 anni !
Noi sostenitori della ritrovata Messa antica abbiamo  sbagliato nell’enfatizzare troppo questo tipo di celebrazione ?
Forse si.
Perché abbiamo sbagliato ? 
Perché siamo stati sempre lasciati tutti soli dai nostri Pastori, dai Vescovi in primis.
Sia pur con un leggero rimprovero rivolto al cosiddetto " popolo del Summorum Pontificum" per la prima volta è stato rotto l'episcopale muro di silenzio nei nostri confronti , ancora considerati reprobi figliastri ...
Neppure il solenne documento  del Summorum Pontificum era riuscito a far considerare le pecorelle legate all’antica liturgia in una nuova ottica da parte dei Vescovi !
I nostri errori sono stati per eccesso di zelo  ( forse il Signore Onnipotente ce ne renderà merito a prescindere dai nostri peccati … ), per entusiasmo "adolescenziale" ecc ecc ma  certamente sono stati generati da un evidente  difetto d'amore dei parte dei nostri Pastori i quali ci hanno non solo snobbato ma anche emarginato come mentecatti e ribelli .
Dalle pagine del Settimanale Diocesano per la prima volta un Vescovo italiano ha parlato chiaramente correggendo, come solo un padre sa fare,  gli errori organizzativi commessi dai fedeli legati al Summorum Pontificum.
Concordo con il lettore di MiL che ha notato che "Il tono - dell'intervento del Vescovo - è un po' quello della difesa d'ufficio. D'altronde, credo che i vescovi oggi tendano diffusamente - ciascuno secondo la propria sensibilità - alla normalizzazione forzata, al contenimento dei potenziali conflitti provocati, in gran parte, dalle contraddizioni dottrinali e pratiche predominanti in questo postconcilio. Per rimanervi, poi, penosamente invischiati e finendo con lo scontentare tutti. ..."
Sentiamo l'esigenza però di usufrire delle attenzioni pastorali di un Pastore che talvolta si rivolga anche a quella parte del gregge a cui sta tanto a cuore la Santa Liturgia !
Se ci si interroga su cosa impedisca oggi, a sei anni dall’entrata in vigore del Motu Proprio Summorum Pontificum e dopo gli interventi a favore di quell’atto da parte di Benedetto XVI, dal far dimenticare la diffidenza nei confronti della Messa antica non può trovarsi alla base che un DIFETTO D’AMORE da parte dei nostri Pastori.
Abbiamo noi forse mai ricevuto da parte dei nostri Pastori un incoraggiamento o un grazie per quanto in ogni parte della nostra Penisola i nostri gruppi, per lo più formati da giovani, stanno facendo ?
Abbiamo forse mai ricevuto da parte dei nostri Pastori una critica costruttiva per gli errori che abbiamo commesso quando abbiamo abbracciato, a sola lode di Dio ed amore per la Chiesa, la croce del Motu Proprio ?
Il Santo Padre si è fatto garante nel proclamare attraverso il Summorum Pontificum l’opportunità di celebrare nelle parrocchie nell’antico rito, per motivi esclusivamente santificanti per noi come lo fu per le generazioni passate.
Un attento lettore di MiL ha commentato un po' pessimisticamente : "Spiace notare che questi tuffi episcopali nel mondo trad. siano affrontati con una profilassi tanto minuziosa che fanno perdere la speranza di intravedervi sincere cure paterne...."
Manteniamo tuttavia  nei  cuori  il desiderio, sostenuto dalla nostra preghiera,  che il muro della diffidenza nei confronti dei fedeli legati alle forme liturgiche disciplinate dal Summorum Pontificum cada sotto i colpi della verità e della carità !
A.C.


lunedì 21 gennaio 2013

Festa di Sant'Agnese Vergine e Martire, offerti due agnellini a Papa Benedetto XVI

Presentazione degli agnelli per la festa di Sant’Agnese, 21 gennaio

Oggi, nel palazzo Apostolico, sono stati presentati al Papa per la benedizione due agnelli, animali simbolo di Santa Agnese, la santa martirizzata a Roma intorno all'anno 305, il cui corpo riposa nell'omonima Basilica sulla via Nomentana. La lana di questi agnelli sarà utilizzata per confezionare i Pallii che saranno imposti ai nuovi Arcivescovi Metropoliti il 29 giugno, solennità dei Santi Pietro e Paolo.

Il pallio è un'insegna liturgica d'onore e di giurisdizione che viene indossata dal Papa e dagli Arcivescovi Metropoliti. È costituito da una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di seta nera. I Padri Trappisti dell'Abbazia delle Tre Fontane a Roma allevano gli agnelli, mentre i pallii vengono tessuti dalle religiose di Santa Cecilia.

News.va Italiano

" Per la Chiesa, il 21 gennaio è la memoria liturgica di Sant’Agnese e, da antica tradizione, anche il giorno in cui vengono presentati al Papa gli agnelli benedetti: la loro lana servirà a confezionare i sacri pallii, ovvero le insegne che il 29 giugno di ogni anno il Pontefice impone ai nuovi arcivescovi metropoliti. 
Anche quest’anno, poco dopo mezzogiorno, la cerimonia ha avuto luogo nel Palazzo apostolico e i due agnelli presentati a Benedetto XVI riportano alla mente il martirio della Santa, cui il Papa aveva dedicato lo scorso anno un ritratto spirituale. 
La ricorda in questo servizio Alessandro De Carolis:
Roma, 21 gennaio 305, Stadio di Domiziano, la futura Piazza Navona. La Città eterna si prepara ad assistere a un altro bagno di sangue. Da un paio d’anni, l’imperatore Diocleziano ha deciso di sterminare una volta per tutte i cristiani. La persecuzione è all’insegna della violenza più feroce. 
Quel 21 gennaio, in catene c’è una ragazzina di 12-13 anni. 
La sua colpa, oltre al fatto di essere cristiana, è di non voler rinunciare alla sua scelta di fedeltà a Gesù fatta nella castità. 
I carnefici tentano di tutto per farla cedere, invano. 
Alla fine, a spezzarle la vita è uno svelto colpo di spada, inferto come si faceva al tempo con gli agnelli. 
Questa è in sostanza la vicenda di Sant’Agnese, secondo le fonti antiche e al netto di qualche discordanza storiografica. 
Ciò su cui la Chiesa non ha invece dubbi è sulla straordinaria tempra di fede dimostrata dalla martire, come sottolineò lo scorso anno Benedetto XVI:
Martirio – per sant’Agnese – ha voluto dire la generosa e libera accettazione di spendere la propria giovane vita, nella sua totalità e senza riserve, affinché il Vangelo fosse annunziato come verità e bellezza che illuminano l’esistenza. Nel martirio di Agnese, accolto con coraggio nello stadio di Domiziano, splende per sempre la bellezza di appartenere a Cristo senza tentennamenti, affidandosi a Lui”. (Discorso Almo Collegio Capranica, 20 maggio 2012)
Nel suo martirio, aveva osservato il Papa, “Agnese sigilla anche l’altro elemento decisivo della sua vita, la verginità per Cristo e per la Chiesa”:
Il dono totale del martirio è preparato, infatti, dalla scelta consapevole, libera e matura, della verginità, testimonianza della volontà di essere totalmente di Cristo. Se il martirio è un atto eroico finale, la verginità è frutto di una prolungata amicizia con Gesù maturata nell’ascolto costante della sua Parola, nel dialogo della preghiera, nell’incontro eucaristico. Agnese, ancora giovane, aveva imparato che essere discepoli del Signore vuol dire amarlo mettendo in gioco tutta l’esistenza”. (Discorso Almo Collegio Capranica, 20 maggio 2012)
Il prossimo 29 giugno, Benedetto XVI imporrà i sacri pallii ai nuovi arcivescovi metropoliti. Il rito si svolgerà in un’altra piazza di Roma, anch’essa teatro di martirio: Piazza San Pietro. Tutt’altro che una casualità perché, come affermò il Papa…
“…questa nostra Città è fondata anche sull’amicizia per Cristo e la testimonianza del suo Vangelo, di molti dei suoi figli e figlie. La loro generosa donazione a Lui e al bene dei fratelli è una componente primaria della fisionomia spirituale di Roma”. (Discorso Almo Collegio Capranica, 20 maggio 2012) "

domenica 20 gennaio 2013

Accoglienza della Fraternità San Pio X : le parole di un Sacerdote e la replica di un suo confratello


Don Bernardo : " L'unica vera soluzione è accogliere la Fraternità San Pio X senza alcuna condizione perché chi ha la vera fede cattolica non ha da firmare alcunchè. Comunque ammesso e non concesso che in Vaticano continuino a far finta di niente ormai le idee (giuste e sacrosante) di Mons. Lefebvre non le hanno solo quelli della Fraternità, ma moltissimi sacerdoti e forse pure vescovi e qualche cardinale che dall'interno cercano di smontare pezzo per pezzo l'ideologia conciliare che ha svuotato i seminari, distrutto la cristianità in occidente e svuotato le chiese. 
In Vaticano dovranno prima o poi capire che la Chiesa Cattolica non è fatta di politichese e burocrazia, ma è fatta di Martiri, Confessori e Sante Vergini".

Un altro Sacerdote ha replicato a don Bernardo.
Ecco la replica :

"Purtroppo Don Bernardo questo non è possibile perchè c'è stato un atto di natura scismatico (sacro di vescovo contro la volontà esplicita del Sommo Pontefice), degli insulti pubblici verso la persona del Vicario di Cristo nell' esercizio del suo magistero ( "super modernsta", etc) e un discorso molto ambiguo sull'ultimo concilio (sembra che la Fraternità benché dica il contrario in tanti interventi dei suoi diversi superiori -penso soprattutto a quello del distretto francese- afferma che il suo insegnamento è eretico che "Roma ha perso le fede" e che la Chiesa Cattolica continui non sul fondamento di Pietro ma nella comunità lebfevriana) Lei capisce che con queste premesse il Vicario di Cristo debba chiedere un atto di fede espllcito nella Chiesa una , santa, cattolica e romana che ha celebrato 50 anni fa l'ultimo concilio ecumenico. 
Di tutto cuore spero il ritorno dei lefebvriani per il bene stesso della chiesa ( contrarre l'influsso deleterio dei modernisti che invade tutti i campi soprattutto quello dell'insegnamento teologico nei seminari) e per il bene stesso della Fraternità che rischia davvero lo scisma ossia la seperaziione del Corpo della Santa Chiesa come tante altre sette....ma la storia insegna e quando ha imboccato questa via il ritorno è quasi impossibile (anche a causa dell'ambiguità di Monsignore Lefebvre sull' argomento stesso). Ma chi sa? Nulla è impossiblile a Dio".

Da MiL

NON MITTENDUS CANIBUS ( C. Baronio )

A proposito delle considerazioni di padre Francesco Maria Budani, dei Francescani dell'Immacolata, sulle modalità di amministrazione e ricezione della Santa Comunione.

Rimaniamo ancora sconcertati, nonostante le manifeste e ripetute dimostrazioni di incoerenza date dai Sacri Pastori negli ultimi decenni, per la promulgazione di norme palesemente contraddittorie. Pare infatti che, ogni volta che la Sede Apostolica emana un documento disciplinare, esso dia disposizioni su una materia specifica e al tempo stesso deroghi, nello stesso documento, alla ratio della norma che intende fissare.

Leggiamo su Una Fides un interessante e lodevolissimo articolo di padre Budani, nel quale egli sostiene che l'amministrazione della Santa Comunione sulla lingua del fedele è un diritto, mentre è una concessione l'amministrazione della stessa nelle mani. 

L'articolo cui fa riferimento il pio Francescano è l'Istruzione Redemptionis Sacramentum, emanata il 25 Marzo 2004 dalla Congregazione per il Culto Divino su ordine del Santo Padre. 

Nell'Istruzione si precisa:

[92.] Benché ogni fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione in bocca, se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso, vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia. Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.

Ecco ciò che ci sconcerta: nella stessa norma si afferma un principio giusto e corretto (l'amministrazione in bocca), si autorizza la deroga (l'amministrazione sulla mano) e poi si precisa che se c'è pericolo di profanazione non si debba dare la Comunione sulla mano. 

Qualsiasi sacerdote sa benissimo, come ricorda padre Francesco Maria, che il pericolo di profanazione c'è sempre, perché le particole, essendo di pane friabile, possono facilmente perdere delle particelle o delle briciole. In altri tempi - quando il solo sacerdote poteva toccare le Specie Eucaristiche - era uso setacciare le ostie e porle nella pisside prive di frammenti: in alcune sacristie si trova ancora il vaglio con cui il Sacrista svolgeva questa operazione che incuriosiva i chierichetti.

Ovviamente il postconcilio ha abituato i sacerdoti a disinteressarsi completamente di questi vieti comportamenti intrisi di rubricismo postridentino. Così non solo non si setacciano le ostie prima della loro consacrazione, ma spesso accade che lo stesso celebrante, per purificare la patena e la pisside (o quella orribile ciotola che dovrebbe svolgere le funzioni di entrambe) usi il purificatoio e non le dita, che dovrebbe poi astergere nel calice prima di purificare anche quello. I frammenti possono rimanere attaccati al purificatoio, che a differenza del corporale non è custodito nella borsa (peraltro ormai caduta in disuso e non prescritta dalle rubriche del nuovo rito). Non parliamo di far lavare i sacri lini da un chierico e poi di gettare l'acqua nel sacrario...

Nessuno si perita di passare la patena sul corporale per raccogliere eventuali frammenti, e non di rado la purificazione dei vasi sacri è affidata ai ministranti, alla credenza, mentre la Presenza Reale nelle Sacre Specie (che permane anche nelle particelle dell'ostia) imporrebbe di farlo all'altare e sul corporale. 

Noi stessi, in occasione di un pellegrinaggio a Lourdes, abbiamo visto coi nostri occhi - e con gravissimo scandalo - un sagrestano laico prendere l'Ostia magna dal tabernacolo e, appoggiandosi sul banco della sacristia, tagliarla con le forbici per adattarla alla lunetta dell'ostensorio. Se non fossimo stati presenti a redarguire l'empio sforbiciatore, non vogliamo immaginare quale sarebbe stata la sorte dei ritagli...

Non si può pensare che dei chierici abituati a trattare in questo modo la Ss.ma Eucaristia possano avere una qualche sensibilità per il pericolo di sacrilegio: nessuno glielo insegna in Seminario, ed anzi è ormai abitudine invalsa dire ai futuri sacerdoti che fragmenta non sunt sacramenta (sic!), come noi stessi abbiamo sentito dire da un confratello del Seminario Romano.

Torniamo alla Istruzione Redemptionis Sacramentum e traduciamo quelle norme usando una similitudine:

La norma è che ad un incrocio si passi con il semaforo verde e ci si fermi con il rosso. Tuttavia, in certi casi, è possibile passare con il rosso. Ma se vi è rischio di incidenti passando col rosso, allora si passi solo col verde.

O anche:

In un deposito di combustibile è fatto divieto usare fiamme libere. Tuttavia, in certi casi, è possibile accendere dei fuochi. Ma se vi è rischio di incendio, allora non si usino fiamme libere.
E ancora:

Il vostro parlare sia sì sì, no no: tutto il resto viene dal Maligno. Tuttavia, in certi casi, potete dire anche sì no e no sì. Ma se vi è rischio che non vi si capisca, allora dite sì sì, no no.

Ecco: siccome c'è sempre rischio di profanazione, non si capisce come la Sede Apostolica possa autorizzare le Conferenze Episcopali, e come le Conferenze Episcopali possano concedere ai loro fedeli di ricevere la Comunione sulla mano, con l'ipocrita postilla di evitare la profanazione. 

Se c'è anche il remoto rischio di profanazione, basta imporre tout court che la Comunione si dia in bocca. In nessun caso, a meno di non essere dotati di poteri di preveggenza, un sacerdote può sapere se quella particola che prende dalla pisside è perfettamente integra e priva di frammenti; quindi, se nel deporla sulla mano del fedele quei frammenti dovessero perdersi, con o senza piattello (che in questo caso non ha alcuna utilità), ecco concretizzato il rischio di profanazione. Ergo: niente Comunione in mano, mai. 
Ancora una volta abbiamo sotto gli occhi delle contraddizioni talmente evidenti, da far quasi ritenere che il legislatore si diverta a prenderci in giro. Da una parte ribadisce un principio sacrosanto, poi concede una deroga che ex se contraddice quel principio, e poi ci ricorda che se da quella deroga derivasse una contraddizione al principio, essa non può essere praticata.

Ci sia permesso di osservare che questo modo di procedere ripugna al ruolo dei Sacri Pastori, i quali non sono costituiti in autorità per cimentarsi in grotteschi calembours da legulei, ma per indicare chiaramente ciò che è bene da ciò che è male. 

Il Signore chiederà contro degli innumerevoli sacrilegi compiuti da milioni di fedeli, migliaia di sacerdoti, centinaia di Vescovi, decine di Cardinali e forse anche da qualche Papa.
Cesare Baronio