giovedì 11 maggio 2017

Il clero modernista ha devastato la Chiesa: il male del progressismo è penetrato in profondità nella Chiesa inquinando seminari, libri di teologia, pastorale, liturgia e arte sacra.

In questi giorni "mariani" postiamo un Articolo, veramente ispirato,  sullo stato attuale della Chiesa Cattolica devastata da decenni dalla feroce "dittatura" dei preti modernisti/progressisti. 
Vogliamo esprimere anche in questa occasione il  nostro sentimento laudativo e riconoscente verso quei Consacrati e quelle Consacrate eroicamente e santamente virtuosi ( ce ne sono tanti!). Grazie anche alle tante Curie Diocesane ed alle tantissime Istituzioni Cattoliche  che tanto bene spirituale e assistenziale riversano sulle donne e sugli uomini schiacciati ed umiliati da quei poteri mondialisti che pensano solo al loro profitto.
L'Articolo   ci sprona  a rafforzare la consapevolezza di essere piccoli "servi inutili"  della nostra Madre la Santa Chiesa Cattolica. 
Ringraziamo l'Autore dell'Articolo per la saggezza delle sue riflessioni!
Maria, Madre della Chiesa, prega per noi!
AC
 
Chi salverà la Chiesa? 
Il clero l’ha devastata, i laici la salveranno

di Francesco Lamendola

È molto, ma molto improbabile che la Chiesa possa essere salvata dal clero, da quello stesso clero, profondamente infiltrato dall’eresia modernista – con tutto ciò che ne consegue, a cominciare dalla smania malsana di voler piacere al mondo e andare d’accordo con il mondo, anche nelle sue manifestazioni più aberranti – che l’ha condotta a un passo dal disastro e che l’ha fatto scientemente, pervicacemente, testardamente e orgogliosamente. 

No: il male del modernismo è penetrato troppo in profondità, ha inquinato tutto, i seminari, i libri di teologia, la pastorale, la liturgia, perfino l’arte sacra: un’architettura che sa più di fabbrica o di palazzo dei congressi, che di chiesa; una pittura e una scultura che riflettono le angosce dell’immanenza radicale, non l’anelito verso Dio; una musica “sacra” che di sacro non ha più nulla, ma che è sempre più sguaiata, frivola, banale e mondana, e che, invece di elevare l’anima verso il cielo, la trascina nel ritmo quotidiano delle cose di quaggiù, e fa perno non su Dio, ma sull’ego dell’uomo. 

Lo si vede, fra l’altro, da come cantano i bambini, e spesso anche gli adulti, nei cori parrocchiali, durante la santa Messa: buttando fuori la voce con petulanza, con superficialità, con il narcisistico desiderio di attirare l’attenzione su di sé, e non suggeriscono a chi ascolta, e tanto meno a se stessi, il senso della trascendenza, della spiritualità, della mistica purezza che predispone all’incontro con Dio. 

E tutto questo è avvenuto con la connivenza, o – più spesso – con l’attiva ed entusiastica partecipazione, perfino con il forsennato incitamento, del clero. 

Un clero totalmente fuorviato dal senso ultimo della propria missione, totalmente secolarizzato, totalmente immerso nelle dinamiche sociali, nel senso deteriore della parola: l’emotività, la polemica, il rancore, il gusto della contraddizione e della contrapposizione, non di rado rivolti proprio contro la Chiesa, la propria madre, contro la Gerarchia e contro il Magistero, e anche contro il sommo pontefice: beninteso, quando si trattava di Benedetto XVI, non certo ora che, finalmente, il papa è uno dei loro.


Evidentemente, la malattia del modernismo è penetrata molto più in profondità di quel che si potesse immaginare, stando alle apparenze. 


Fino al pontificato di Pio XII, poteva quasi sembrare che la malattia fosse rientrata; ma subito dopo, a partire dal Concilio Vaticano II, essa è riemersa con veemenza raddoppiata e triplicata, mostrando chiaramente quanto fosse stata lucida e precisa la diagnosi di san Pio X, quanto necessaria e tempestiva la sua opera di repressione, che ancora oggi tutti gli storici cattolici politically correct continuano a rimproverargli, paragonandola al terrore giacobino e sostenendo, in maniera assurda e inverificabile, che essa abbia fatto alla Chiesa più male ancora di quanto gliene avesse fatto, o avrebbe potuto fargliene, il modernismo stesso. 

Al contrario! 

San Pio X aveva visto giusto: questo umile prete di campagna, salito al soglio di san Pietro passando per la gavetta, dal gradino più basso, con il suo sano buon senso contadino, aveva visto giusto, era stato un gigante; mentre tutti i don Milani, i padre Turoldo, per non parlare degli Enzo Bianchi (che non è nemmeno un prete), al confronto, appaiono sempre più, non come dei precursori di chi sa mai quali magnifiche sorti e progressive, quali ce li vuol dipingere la vulgata progressista, ma come dei nani, dei ritardatari, dei banali rimestatori di vecchi pregiudizi e di schemi mentali che poco o nulla hanno di cristiano e di cattolico, e che, semmai, sono interamente debitori del mondo, nel senso profano del termine, delle sue illusioni, delle sue cantonate, dei suoi abbagli (il primo e il più vistoso di tutti: il tragico e clamoroso fallimento dell’utopia marxista). 

Oggi, quindi, si può vedere e misurare con mano quanto avesse visto giusto san Pio X e quanto la Chiesa del dopo Concilio sia stata abbagliata da falsi profeti, da cattivi maestri, e si sia lasciata traviare, peraltro del tutto consenziente, da illusioni ed utopie che la storia si è incaricata di sbugiardare pienamente, anche se quei signori non avranno mai l’onestà di ammetterlo, e ciò per l’ottima ragione che la neochiesta gnostico-massonica, nella quale essi ora militano, ha colmato i vuoti di tutti quelli che se ne sono andati, piazzando al loro posto gli orfanelli dell’altra chiesa mondana, quella comunista. In tal modo essi pensano e s’illudono di aver chiuso la partita in parità, mentre la verità è che stanno raschiando il fondo del barile e che, quando si sarà allontanata l’ultima generazione d’illusisi e d’ingannati, non resterà più nessuno, e la Chiesa cattolica avrà fatto la fine delle tante sette protestanti: quella di restare vuota e deserta, nella perfetta indifferenza di quel “mondo” che essa si è ostinata a corteggiare, e dal quale ha voluto essere applaudita ed approvata. Infatti: dove sono i giovani cattolici, oggi? 

Spariscono, semplicemente, subito dopo la Cresima.

No: il clero ha prodotto il disastro, e non sarà il clero a porvi rimedio. 


Sia ben chiaro: preti come si deve, vescovi come si deve, autentici pastori d’anime, ce ne sono ancora, grazie a Dio; ci sono ancora frati e suore come si deve, animati dalla vera fede, e guidati dai sani principi del Magistero: ma sono così pochi che, per vestirli, basta poco panno, come direbbe il padre Dante. 

Sono pochi e, per giunta, disorientati: non sono abituati all’idea che il pastore del gregge non è più tale, che non sta guidando la Chiesa nella direzione giusta, che non si cura di salvare le sue pecorelle, anzi, è lui che le spinge di qua e di là, e sembra trarre una maligna, diabolica soddisfazione nel fare di tutto per confonderle, scandalizzarle, demoralizzarle. 

Diciamo la verità: non sono abituati a pensare da soli, a esercitare la facoltà critica, a uscire dal grigiore del conformismo e assumersi delle responsabilità autonome, in caso di assoluta ed urgente necessità. 

Perciò è rimasta loro addosso l’abitudine di credere e obbedire alla Gerarchia, ma, guarda caso, dopo decenni di tiro al bersaglio contro di essa. 

Sicché ora credono ciecamente e passivamente non al vero e santo Magistero, ma a un magistero taroccato, posticcio, a volte perfino blasfemo; un magistero che nasce dallo spirito del mondo e che non è ispirato, consigliato, confortato e sostenuto dallo Spirito di Dio. 

No, non è da questo clero, nel suo complesso, e neppure da una parte significativa di esso, che verrà la salvezza. 

La vicenda dei quattro cardinali lo ha abbondantemente mostrato. 

Come! 

Quattro eminenti cardinali, a nome di migliaia di sacerdoti e di milioni di fedeli, chiedono chiarimenti su di un importante documento papale, che sembra introdurre una disastrosa difformità nel Magistero della Chiesa, e nessuno si degna di risponder loro, a distanza di sette mesi! 

A quel punto, se nel clero cattolico vi fossero ancora sufficienti energie sane, ci sarebbe stato un sommovimento, un qualche segnale di risveglio: altri cardinali e altri vescovi, e sacerdoti e religiosi, si sarebbero risvegliati, avrebbero fatto sentire la loro voce, avrebbero preteso una risposta. 

Non si tratta di una questione privata, di un contenzioso fra specialisti di teologia! 

Si tratta di una questione assolutamente vitale per la Chiesa tutta, giacché da essa dipende la retta interpretazione di ben tre sacramenti – la Confessione, il Matrimonio e l’Eucarestia – e, ancor più, perché da essa dipende il principio della oggettività della legge morale. 

Se passa l’interpretazione più permissiva dell’Amoris laetitia, sarà la fine della legge morale: ciascuno sarà libero di farsi la sua legge morale personale e privata, e sarà in diritto di pretendere che nessuno altro venga a ficcarci il naso.


Il Concilio di Trento, decidendo l’istituzione dei seminari, era corso ai ripari per porre fine al disordine e all’ignoranza dilaganti nella formazione del clero, sia a livello intellettuale, sia a livello spirituale; oggi bisogna avere il coraggio di fare un mesto bilancio e riconoscer che i seminari, come luogo di formazione del clero, hanno fallito il loro compito, perché sono stati infettati dall’eresia modernista e da tutta una serie di altri vizi, sia intellettuali, sia spirituali, a causa dei quali i sacerdoti delle ultime generazioni, generalmente parlando, non hanno saputo essere all’altezza dei loro predecessori, non sono stati capaci nemmeno di assolvere alla funzione minima e indispensabile della loro vocazione alla vita consacrata: la fedele custodia e trasmissione della vera dottrina e l’esempio vivente, ai fedeli, di una spiritualità bene orientata. 

Vorremmo dire di più: non hanno neanche saputo, in molti casi – lo si vede da come parlano, da come predicano, da come agiscono, da quello che non dicono e da quello che non fanno – tenere accesa in se stessi la fiammella della fede, probabilmente perché hanno smesso di pregare e di rivolgersi a Dio, tutti presi da cento altre cose, le quali, pur lodevoli in se stesse – magari non tutte, ma molte – li hanno distratti e allontanati dalla sola cosa che è veramente essenziale, per qualunque cristiano e a maggior ragione per un sacerdote: la preghiera, il rapporto continuo con Dio, l’ascolto della Sua voce, il conforto della Sua presenza, il lasciar fare a Lui, smettendola di voler fare tutto da soli. 

Il prete si è dimenticato di non essere un superuomo, ma, semplicemente, e molto più incisivamente e impegnativamente, un uomo di Dio. 

L’uomo di Dio non conta sulle proprie forze, perché sa che le sue forze, per quanto possano essere grandi, sono sempre limitate e penosamente inadeguate al compito più importante di tutti: la giustificazione davanti a Dio. 

Le opere sono utili, perfino necessarie – altrimenti avrebbe ragione Lutero – ma non senza la fede, non senza la grazia, e mai nella disattenzione della voce di Dio. 

Una gran parte del clero contemporaneo ha permesso che le voci del mondo superassero, per intensità e quantità, la sola voce che conta davvero, la sola di cui non si può fare a meno: quella di Dio. 

Di conseguenza, questo clero fuorviato brancola nel buio, scivola nell’errore, si perde e diventa causa di perdizione per le anime: responsabilità gravissima, di cui, comunque, sarà chiamato a rendere conto. 

Sarebbe stato meglio se certi preti, certi vescovi e cardinali, e il papa Francesco per primo, avessero rinunciato alla vita consacrata, se non si sentivano più capaci di alimentare in se stessi la fiammella della fede: sarebbe stato mille volte meglio di questo tradimento della fede sottile, quotidiano, e veramente diabolico, che dà continuamente scandalo alle anime e le sospinge verso lo smarrimento.

Da questo punto di vista, cioè dal punto di vista dello scandalo dato ai piccoli e ai semplici, la colpa dei preti modernisti è perfino più grave della colpa dei preti moralmente disordinati, come quel parroco di Padova, del quale abbiamo altra volta parlato, che, nella perfetta ignavia del suo vescovo, ha fuorviato decine di anime nella sua parrocchia, praticando forme sempre più disordinate di sessualità e approfittandosi, cosa particolarmente indegna, del suo abito di sacerdote consacrato, per far cadere nella rete delle sue voglie le donne inquiete e insoddisfatte, bisognose di una parola di conforto cristiano. 



Sì: la colpa del clero modernista è perfino più grave, perché il suo cattivo esempio sul piano liturgico, pastorale e dottrinale, va a colpire direttamente le anime, gettandole nella confusione e sospingendole verso l’errore, mentre la colpa dei preti moralmente indegni, pur essendo una cosa orribile, investe una dimensione più terrena dell’esistenza e non arriva, di per sé, a mettere in pericolo il destino dell’anima immortale, pur se può lasciare delle cicatrici dolorose nel corpo e nell’anima delle vittime. 

Una Chiesa afflitta da sacerdoti moralmente indegni può sopravvivere, nonostante le terribili ferite che essi le infliggono; ma una Chiesa traviata sul piano della dottrina, corre verso l’autodistruzione. 

Per questo la colpa dei preti modernisti è la peggiore di cui possa macchiarsi un uomo di Dio: invece di accendere una luce di salvezza per le anime, le inganna e la porta verso la morte. 

La sua opera nefasta assomiglia a quella dei naufragatori: quelle persone che, al tempo della navigazione a vela, accendevano dei fuochi sulla riva del mare, di notte, per trarre in inganno i velieri in difficoltà, sospinti dal mare grosso, e provocarne il naufragio sugli scogli, allo scopo di poterli poi saccheggiare

I naufragatori provocavano a bella posta la rovina degli ignari naviganti; i preti modernisti provocano, in piena consapevolezza, la rovina delle anime immortali che Dio aveva affidato loro, mediante il sacramento dell’Ordine sacro.

E da chi, allora, potrebbe venire la salvezza della Sposa di Cristo, tradita dai suoi ministri, se non dai semplici fedeli, dai laici, costretti, letteralmente costretti dalla gravità e dall’imminenza del pericolo, a prendere il timone della barca di san Pietro, prima che essa vada a fracassarsi contro gli scogli del modernismo, del relativismo, del soggettivismo, di un ecumenismo malinteso e di un dialogo inter-religioso che è l’anticamera del suicidio morale per i seguaci del Vangelo di Gesù Cristo? 

Certo, essi non sono qualificati: lo riconosciamo senz’altro. Diremo di più: a partire dal Vaticano II, si è fatta anche troppa retorica pseudo democratica, anzi, demagogica, riguardo al ruolo dei laici nella vita della Chiesa, quasi che non esista una sostanziale differenza fra la vita consacrata a Dio e la vita profana. 

L’autorizzazione a prendere la Particola consacrata nelle mani e portarla in bocca, da pare dei laici, è solo l’ultimo segno di questa bassa demagogia e di questa irresponsabile negazione del ruolo del sacerdote come tramite indispensabile, come alter Christus, tra il fedele e Dio. 

Il passo successivo, e ci stiamo arrivando, sarà l’auto-confessione e l’auto-assoluzione, dopo di che non ci sarà più bisogno di preti e di confessionali, tutti i laici potranno decidere da soli se e quando accostarsi alla santa Eucarestia. 

Ma, demagogia, a parte, il momento che stiamo vivendo è così grave che un pronto e deciso intervento dei laici non è solo utile, ma indispensabile

Quando un uomo sta morendo, non si chiede a chi lo soccorre se abbia la laurea in medicina. 

Senza contare che lo Spirito soffia dove vuole: e forse, in quest’ora, sta soffiando più sui laici che sui sacerdoti…

Fonte: ilcorrieredelleregioni.it

Tramite: Le cronache di Papa Francesco