sabato 9 aprile 2016

L'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" : ( prime) considerazioni di un giovane Sacerdote

Diamo doverosamente spazio al commento scritto "a caldo" da un giovane Sacerdote dopo aver letto - tutto d'un fiato - l'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" (La gioia dell'amore).
Non è assolutamente scontato che l'Autore, dopo una seconda lettura del documento, abbia mantenuto le stesse primarie impressioni qui riportate...anzi... 1 parte ( quella positiva)

" Dopo un'attesa, iniziata alla fine del Sinodo dei Vescovi sulla
Famiglia dello scorso anno, Francesco ha scritto l'Esortazione apostolica post-sinodale "Amoris laetitia" (La gioia dell'amore). 
Un testo corposo, come egli stesso ironicamente afferma (n. 7) di 325 numeri in 260 pagine. 
Leggendolo tutto d'un fiato, mi sono reso conto di quanto "fiato" la
stampa e la TV stanno versando sul documento.  
Non si tratta, come molti pensavano o auspicavano, un manifesto rivoluzionario della teologia sacramentaria cattolica, ma esso riafferma tutta la Traditio e il Magistero, anche se con dei limiti interpretativi che qui non vorrò esporre (non mancano citazioni a S. Agostino come a S. Tommaso d'Aquino).

 
Partendo dalla Sacra Scrittura, in particolare dal Salmo 128 (cap. I) e, successivamente, 1 Cor 13,4-7 (cap. IV), il documento illustra le tante sofferenze e difficoltà che le famiglie sono chiamate a vivere ed affrontare, trovando nella prassi pastorale non tanto una risposta, ma quanto un'accoglienza ed accompagnamento, anche nei casi ultimi, come la morte di un familiare (nn. 253-258). 
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Sulle due tematiche, tanto discusse dall'opinione pubblica durante il Sinodo, come era giustamente prevedibile, nessuna apertura a teorie gender (n. 56) ed unioni omosessuali (nn. 250-251), ma certamente, come già affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2357), si continuerà a porre in essere una vera accoglienza di accompagnamento e riflessione sul cammino di fede. 
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Sulla Eucaristia alle coppie divorziate e risposate non vi è nessuna dichiarazione, a parte la nota 351 che così cita: "In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. 
Per questo, « ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore» (Esort. ap. Evangelii gaudium [24 novembre 2013], 44: AAS 105 [2013], 1038). Ugualmente segnalo che l’Eucaristia «non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli » (ibid., 47: 1039)".  
Ciò non indica la possibilità di concedere l'Eucaristia alle coppie divorziate e risposate, ma di aprire ad un discernimento e valutazione sulle singole situazioni, pur trovandoci, di fatto, in uno stato di peccato mortale scelto liberamente e consapevolmente. Comunque, ciò che è certamente positivo è il richiamo ad un atteggiamento non di condanna, ma di accoglienza, che non è l'equivalente di accettare tale situazione di peccato permanente (cosa, comunque, già ribadito da Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio del 1981 al n. 84 "Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza. La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. 
C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. 
La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. 
Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi»).
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Alle persone divorziate e non risposate, infine, si chiede un ricorso maggiore all'Eucaristia come sostegno del loro stato (n. 242).
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Con questo documento, in sintesi, la Chiesa riafferma la sua vicinanza alla Famiglia, già iniziata da Giovanni Paolo II. 
Spero solo che le viziate interpretazioni (già in atto ancor prima dell'uscita dell'Esortazione) non cadano in una profanazione della stessa Eucaristia..."