martedì 26 gennaio 2016

Il Pastore Protestante che difese la Messa tradizionale cattolica:ho molta paura che i Cattolici si trasformino in Riformati

Correva l’anno 1972 quando il Bollettino n.8 di Una Voce, l’Associazione per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana pubblicò in lingua italiana la Lettera che un Pastore Protestante aveva scritto poco tempo prima ad un Sacerdote Cattolico .
L'Articolo, scritto a soli tre anni dalla promulgazione della Costituzione Apostolica di Papa Paolo VI "Missale Romanum", è valido anche nei nostri giorni  per l'  attualità delle argomentazioni teologiche e liturgiche  trattate.
La lettera del Pastore Protestante, pervasa da grande ed ammirevole onestà, andrebbe letta e fatta  imparare a memoria soprattutto dai Seminaristi, i futuri Sacerdoti, sulle cui  spalle si appoggeranno le colonne dell'attuale traballante edificio ecclesiale.

Premessa della Redazione di Una Voce-Italia :
“È noto che la Messa tradizionale, nel corso di questi anni, è stata sottomessa, ad opera dei « correctores » della Sacra Congregazione del Culto Divino, a graduali spostamenti di accento, fino a perdere quel suono tipicamente cattolico che la tradizione apostolica gli aveva impresso dall'inizio, e che il Concilio di Trento con le sue definizioni dogmatiche le aveva definitivamente fissato. 
Questo non è avvenuto a caso, ma seguendo una linea ben precisa e uno scopo ben determinato, i quali si sono rivelati pienamente soltanto ad opera compiuta, cioè con la pubblicazione del « Novus Ordo Missae ». 
Si tratta dell'« adattamento » della Messa alle esigenze del « dialogo ecumenico », cioè del discorso imbastito con i « fratelli separati » per giungere prima all'intercomunione e poi all'unione. Naturalmente, con un colossale « sforzo » di carità « evangelica », nel discorso con i fratelli separati, si è tenuto meno conto dei più vicini — cioè dei Greco Ortodossi, che sono soltanto degli scismatici, id est, dei « separati » — che dei Protestanti dalle multiformi confessioni, che sono anche « eretici ». 
Ne è venuta fuori quella che in linguaggio critico-letterario si chiama « contaminatio », cioè, un equivoco dogmatico-teologico: una Messa « polivalente », tanto che il Priore di Taizé, e più di un teologo riformato, hanno potuto dichiarare che essa può venir celebrata senza scrupolo anche dai protestanti. 
Non per nulla alla preparazione del « Novus Ordo Missae » hanno collaborato 6 esperti teologi eterodossi.
Quali i frutti di questa « avance » da parte della Chiesa cattolica apostolica romana? 
Disastrosi.
Le fonti dei ritorni alla Chiesa Madre di Roma, in alcune Nazioni già ubertose, si sono venute man mano essiccando da quando essa è entrata in fase di « autocritica ». 
Lo « sforzo », d'altro canto, ha portato la desolazione nel cuore dei cattolici più consapevoli. 
San Pio X, a chi l'invitava, come il Sangnier, a dar mano a coraggiose riforme, e ad aprire ai lontani « toutes grand-ouvertes » le porte di San Pietro, rispondeva che il suggerimento era ben strano, perché, diceva, grande era il pericolo che chi era fuori non entrasse per niente, e invece uscisse chi era dentro.
Leggiamo ora alcuni brani di un'onesta e chiara lettera che un Pastore luterano ha inviato al sacerdote cattolico Joachim Zimmermann, Dusseldorf, Germania. (Da Una Voce Korrespondez, I Jahrg. Heft 3/4, pp. 127-129”.
***
Una Chiesa che abbandona la sua lingua cultuale abbandona se stessa. 
Essa sottopone non solo la sua lingua, ma anche la sostanza della Fede, di cui questa lingua è l'eccipiente e il veicolo, alle variazioni e ai mutamenti che di continuo implica l'evoluzione linguistica. 
Il contenuto della Fede non sarà per questo meglio compreso, ma, al contrario, non lo sarà più affatto. 
Tengo a sottolinearlo che il « popolo » comprenda la Messa non è questione di lingua, ma di insegnamento e di istruzione. 
I sacerdoti che nella loro catechesi si servono come di mezzi di propaganda per Cristo e la Chiesa dei « negro spirituals », non dovranno poi meravigliarsi se i fanciulli non sapranno più nulla del mistero del Kyrie eleison.
Lutero non ha bandito il Latino dalla Messa (anche se, come generalmente viene ammesso, per ragioni pedagogiche). 
Egli ha voluto il tedesco per le letture e il sermone, ma, per il Canone, si è accontentato di fare delle mere proposte per germanizzarlo e purificarlo (la cosidetta messa tedesca); purtroppo, per far questo, lo ha miseramente distrutto. 
Il popolo doveva cantare in tedesco, ma il Gloria, il Sanctus e l'Agnus, si mantennero, naturalmente in lingua latina, fino a quasi tutto il secolo XVIII.
Non bisogna, però, dimenticare una cosa: è vero che le chiese luterane usano da molto tempo la lingua tedesca per il servizio divino. 
Ma questa lingua era nuova. 
Lutero ha creato una lingua liturgica che, col passare dei secoli, è diventata, per così dire, una lingua sacra. 
E ciò è durato fino al tempo dell'Illuminismo. 
Nella restaurazione liturgica del secolo scorso, questa lingua è stata ripresa, ed è stata mantenuta anche nel nuovo Rituale (I-IV) ufficialmente in uso presso di noi. 
Ciò che in questa lingua sorprende per la sua vetustà, ha assunto precisamente la stessa funzione che aveva il Latino nella Messa Romana, conservare il contenuto originario. 
L'abbandono di questa lingua comporterebbe quello del contenuto dogmatico. 
Il nostro tedesco moderno, per molte e gravi ragioni che non posso qui elencare, non è più in grado di esprimere in modo adeguato ciò che Lutero poteva ancora esprimere nel tedesco del suo tempo. 
È così, per esempio, che noi possiamo ancora cantare in
quel tedesco melodie gregoriane in modo abbastanza soddisfacente.
Invece, se io volessi farlo sui testi tradotti recentemente dai cattolici, mi si spezzerebbe la lingua e il cuore. 
Lo stesso si deve dire del nuovo Ordinario della Messa: a parte gli slittamenti dogmatici che gli si possono rimproverare, in tale lingua non si può pregare. 
Basta confrontare la versione tedesca del Credo niceno della Nostra Agenda I con quella contenuta nel vostro Ordinario della Messa: il solo cursus ritmico della lingua rivela un abisso tra le due traduzioni. 
In breve: io ritengo oggi impossibile esprimere il contenuto della nostra Fede in un tedesco moderno...
I cattolici farebbero bene a studiare un po' più profondamente le tristi esperienze delle Chiese riformate. 
Ch'io sappia, nessuno ancora ha intrapreso un lavoro di tanta importanza. 
E ci sarebbe molto da imparare. 
Per esempio, la mensa della Parola più riccamente imbandita- per noi protestanti, il sermone- ha tutta una sua storia. 
Infatti, quanto si è predicato nelle nostre chiese! 
I risultati? 
Buoni frutti, senza dubbio: non sarò io certamente a negare che la Parola di Dio deve essere spiegata. 
Ma per noi è di gran lunga più importante la nozione di Sacramento e la sua comprensione. 
Se la predicazione fosse tanto abile ed efficace quanto si pretende, da 400 anni ad oggi come dovrebbero essere devote e istruite le nostre comunità! 
La separazione tra Parola e Sacramento che impera tra noi da tanto tempo, e la sostituzione della prima al secondo, non solo hanno mortificato nei nostri fedeli la capacità di un reale ascolto, ma hanno talmente intellettualizzato e resa astratta la proclamazione della Parola, che essi non sono più in grado, per quanti sforzi si facciano per tradurla, di comprenderla nella sua efficacia sacramentale.
A queste riflessioni è il caso di aggiungeme un'altra. 
La dissoluzione della Messa al tempo dell'Illuminismo- dissoluzione pressoché totale- è incominciata con gli esperimenti.
Ci si voleva sbarazzare del « ciarpame » medioevale e farsi più comprensibili. 
Nel convincimento, soggettivamente sincero, che molti inconvenienti potevano essere rimossi con un adattamento ai costumi più raffinati, alle convinzioni religiose dei tempi nuovi, alle, esigenze personali del singolo, si è finito col dare libero corso alla proliferazione di innumerevoli rituali. 
Il risultato è stato quello di vuotare le chiese, proprio come oggi.
C'è un libro che Le consiglio a questo proposito: la Storia delle antiche forme della Messa nella Chiesa protestante tedesca, dalla Riforma ai nostri giorni, di P. Graff
Leggendo quest'opera potrà constatare con suo grande stupore che il vostro « Novus Ordo Missae » già esisteva quasi per intero nel Secolo dei Lumi, se si fa astrazione di qualche espressione legata alle circostanze di tempo. 
È così che la mia prima reazione nell'esaminare i nuovi formulari della Messa (in tedesco) è stata questa:
i cattolici commettono esattamente gli stessi errori che noi abbiamo commesso in passato e che, del resto, commettiamo di nuovo. 
Il Novus Ordo consente troppe scelte e alternative. 
La conseguenza sarà che ognuno farà quello che meglio gli sembrerà: di qui un caos liturgico senza rimedio e, presso ogni parroco, la comparsa di un particolarismo veramente dittatoriale... 
Della comunione nella mano da noi ancora non si parla. 
I comunicandi ancora s'inginocchiano, e quasi dappertutto lo fanno alla balaustra. 
Per quanto riguarda la celebrazione versus populum, io ho avuto fin dal principio e per istinto delle gravi riserve... 
Che quasi tutti i Cattolici siano caduti nel seducente tranello, dipende, come io temo, da una decurtata concezione del carattere e della funzione del sacerdote e, particolarmente, da un profondo mutamento della fede nella Transustanziazione, cioè nella Presenza reale del Corpo e del Sangue del Signore. 
Ho molta paura che i Cattolici si trasformino in Riformati, e lascino a noi Luterani (pochi) la conoscenza dell'est, per il quale Lutero ha tanto combattuto. 
Cosa ben triste! 
Comincio a scoprire le magnificenze della Messa romana, e molti altri con me, nel momento in cui i Cattolici sembrano volerle perdere. 
Cosa accadrà? 
Sono diventato uno straniero nella mia Chiesa e non potrei più ormai trovare asilo nella vostra...

(Una Voce-Italia, Marzo 1972 pagg.6-7-8)