sabato 11 aprile 2015

Ogni singola ferita, in quel corpo assunto da Dio come suo corpo, testimonia la grandezza di questo amore di Dio per noi.

Adorazione della Croce
Venerdì santo
Venerdì 3 aprile 2015 – Cattedrale San Giuliano - Macerata
Omelia del Vescovo
S. E. Mons. Nazzareno Marconi
La celebrazione del Venerdì Santo è dominata dal vangelo della Passione e dall’immagine della croce.
Siamo chiamati ad adorare piuttosto che a fare riflessioni e l’ampiezza delle letture: il IV° canto del Servo del Signore di Isaia e l’intera Passione secondo Giovanni, richiedono più che un commento un ascolto capace di trattenere una parola, un’immagine, da portare nel cuore.
Soprattutto l’adorazione della croce, centrale nella liturgia di oggi, può essere nutrita da un bellissimo commento di S. Ireneo di Lione che dice: «Infatti, poiché lo perdemmo per mezzo del legno, per mezzo del legno è divenuto visibile a tutti, mostrando in se stesso l’altezza, la lunghezza, la larghezza e la profondità e, come disse uno degli anziani, riunendo i due popoli in uno per mezzo dell’estensione delle braccia». (Ireneo di Lione, Adversus Haereses, V, 17,4).
Ireneo ci invita con queste dense parole, a contemplare l’albero della croce. 
Come per il frutto dell’albero del Paradiso terrestre, cioè per il peccato, perdemmo la comunione con Dio, ora questa comunione, questa vicinanza, questo amore di Dio sempre disponibile, ci è offerto come frutto dall’albero della croce. Il corpo di Gesù, appeso alla croce, quasi come un frutto che pende dal legno, è tutto intero il segno della offerta di amore del Padre. 
Ogni singola ferita, in quel corpo assunto da Dio come suo corpo, testimonia la grandezza di questo amore di Dio per noi. Non c’è amore più grande di questo: dare la vita. 
Gesù sulla croce è la rivelazione di questo amore smisurato, che giunge a dare la vita fino all’ultima goccia.
La forma della croce, continua nella sua contemplazione S. Ireneo, ci fa conoscere: l’altezza, la lunghezza, la larghezza e la profondità dell’amore Cristo.
Ireneo cita infatti Efesini 3,17-19. “Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”.
La croce infatti ha una parte che si protende verso l’alto ed indica la direzione ed il significato dell’offerta che Cristo fa di sé. 
La croce indica la direzione del cielo e dà ad ogni dolore sofferto ed offerto in unione con Cristo, il significato di una invocazione pura che sale al Padre.
La croce ha una lunghezza, che sostiene tutto il corpo del Signore. 
Ad indicare la concretezza dell’incarnazione, il suo avere accolto in pienezza la nostra condizione umana facendosi in tutto nostro compagno di viaggio. 
La lunghezza poi che scorre sotto i piedi del Cristo, indica che la croce è cammino, è il lungo percorso di una vita vissuta per il Signore, giorno dopo giorno e passo dopo passo.
La croce ha poi una larghezza, che sostiene le mani del Cristo. 
Mani aperte ad accogliere tutto il mondo e tese a riunire tutti in un solo abbraccio. La croce è amore che chiama all’unione i figli di Dio che erano dispersi. Come dice Paolo, “l’anziano” citato da Ireneo: “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia”. (Ef 2,14).
La croce ha infine una profondità. 
Una parte infissa nel terreno, che non si vede, ma che sostiene tutto il resto e che altrove Ireneo definisce “la grazia divina che ci è liberamente donata”. 
Non si può portare la croce, né tantomeno offrirla senza la grazia, cioè la forza che ci è liberamente donata da Dio. 
Il rischio di ogni discorso sulla croce è dimenticare questa “parte nascosta” e caratterizzare la spiritualità della croce come dolorismo o volontarismo. 
Una retorica dell’eroismo, che vede al suo centro un grande protagonismo umano. 
Un discorso cristiano sulla croce invece non può prescindere dal tema della grazia, dal fatto che la salvezza ci è donata da Dio, non per i nostri meriti o i nostri sforzi, ma per la grandezza dalla sua misericordia.
Solo così la meditazione sulla croce può approfondirsi, legando le nostre sofferenze a quelle di Cristo. 
Il vangelo della passione ci fa conoscere le sofferenze della agonia di Cristo per farci capire che dobbiamo accettare e non fuggire anche le nostre sofferenze, le nostre croci.