venerdì 3 ottobre 2014

"Romanità", significa "universalità", "cattolicità" con le"periferie" che non sono ne' il centro ne' il cuore pulsante


"Romanità", significa "universalità", che poi è anche "cattolicità", che comprende le periferie, ma non ne fa il centro, estromettendo il cuore pulsante di tutto..." ( Cit. una Teologa legata alla Tradizione )

" Il problema del Cattolicesimo attuale è, alla fine, uno solo: la perdita totale del senso di soprannaturale ".


" Quando si perde il senso del soprannaturale il termine "peccato" non ha più senso, il vincolo matrimoniale può non essere più un vincolo, le forme tradizionali divengono fortemente antipatiche per cui si deve perseguitare chi ancora le mantiene e via dicendo..."

" I progressisti stanno scuotendo il torpore dei mediocri e finiranno con il farli svegliare. 
Al risveglio si spera che la massa mediocre prenda coscienza di come questi progressisti non hanno nulla, ma proprio nulla di cristiano e, alla fine, non siano che marionette in mano ai nemici della Chiesa (sappiamo chi!) ".

" Marionette e null'altro. 
Oramai hanno buttato la maschera, non agiscono più nascostamente. 
E questo, c'è da dire, è un gran servizio per capire dove sta la verità. 
Manco furbi sono..."


San Giovanni Paolo II nel 1982 scrisse : "Oggi che si è affievolito il senso del sacro, la gente ha ancora più bisogno di questi segni esterni ( l'osservanza dell'abito ecclesiastico N.d.R.) che rimandano a Dio ... nella preghiera composta per il Giovedì Santo di quest'anno, alludendo all'abito ecclesiastico, mi rivolgevo al Signore con questa invocazione: "Fa' che non rattristiamo il tuo Spirito... con ciò che si manifesta come una volontà di nascondere il proprio sacerdozio davanti agli uomini e di evitarne ogni segno esterno".
... Inviati da Cristo per l'annuncio del Vangelo, abbiamo un messaggio da trasmettere, che si esprime sia con le parole, sia anche con i segni esterni, soprattutto nel mondo odierno che si mostra così sensibile al linguaggio delle immagini".

Qual'è l'immagine che oggi, alla vigilia del Sinodo Straordinario per la Famiglia, taluni uomini di Chiesa fanno passare attraverso gli onnipotenti mass media ?

La notizia riportata dalla stampa che il prossimo Sinodo produrrà autonomamente un documento senza che il Papa, supremo garante e custode dell'ortodossia, lo ratifichi e lo corregga ! 

Non c'entrano nulla la democrazia o la collegialità ...


Ha dichiarato difatti il Card. Lorenzo Baldisseri, Segretario del Sinodo : " Dopo il dibattito in aula (che nel caso del Sinodo Straordinario che si apre domenica sara' di 5 giorni su 15 totali dei lavori) il documento finale (chiamato "Relatio Synodi") sara' elaborato nei circoli minori che voteranno ciascuno le proprie proposte per il testo finale
Poi, ha spiegato Baldisseri, "in aula la votazione del documento sara' divisa per capitoli. 
Infine, il documento sara' pubblicato al massimo un giorno o due dopo la conclusione dei lavori". 
Sara', ha sottolineato il segretario del Sinodo, "un documento unico, una grande proposta, un documento gia' organizzato e sara' reso pubblico alla fine del Sinodo". 
Nel caso specifico del Sinodo Straordinario, "non ci saranno delle decisioni, nel senso che si tratta di un cammino che si articola su due Sinodi, e a ottobre si terra' sullo stesso tema un Sinodo Ordinario, ma il documento della prima assemblea sara' la base della seconda, quasi come un lineamenta. 
E sara' allargato poi con un piccolo questionario perche' quello dell'anno scorso, con le 39 domande, non toccava alcuni argomenti che saranno toccati nel Sinodo". 
Nel caso specifico del Sinodo sulla famiglia (che include non solo la questione della comunione ai divorziati risposati, ma anche, ad esempio, l'approccio pastorale verso le coppie gay, l'impegno della Chiesa contro la violenza domestica e l'incesto) il documento approvato dall'Assemblea Straordinaria non sara' pero' definitivo, in quanto dovra' pronunciarsi poi l'Assemblea Ordinaria dell'ottobre 2015, in vista della quale le Conferenze Episcopali reagiranno sul documento approvato dall'Assemblea Straordinaria ( sottolineatura nostra N.d.R. ) e dopo questa nuova consultazione e si confezionera' l'Instrumentum Laboris del Sinodo Ordinario.
Ci sara' cosi' un tempo per riflettere di piu', con anche commissioni eventuali che potrebbero costituirsi su singoli aspetti. 
E - sempre in questo caso specifico - il documento finale che sara' discusso dai vescovi nei diversi paesi, potrebbe, se i vescovi del paese lo vorranno, essere sottoposto di nuovo alla base, almeno sui temi nuovi. 
"Su questo - ha chiarito Baldisseri - lasciamo liberta' ai vescovi". ( Sottolineatura nostra N.d.R.)


Sarà la sperimentata e peccaminosa superbia degli uomini ad   impedire che il Signore Onnipotente moltiplichi il miracolo dell'Humanae vitae di Paolo VI ?


Allora vogliamo ricordare il gesto di fede e di coraggio di Paolo VI ( il "NON POSSUMUS" DI PAOLO VI ) con le Sue stesse parole  :

« Provate a lettere la vostra mente, il vostro spirito, anzi la vostra coscienza di vivere davanti al cumulo delle questioni maggiori, quelle che riguardano l'origine dell'universo, il senso della vita, l'ansia del conoscere il destino dell'umanità, il fenomeno religioso che intende rispondere a questi problemi, assorbendo e superando quanto la scienza e la filosofia ci possono dire in proposito; e provate a collocare il fatto cristiano in mezzo e al di sopra di tali interrogativi, che riconosciuti nelle loro esigenze sconfinate chiamiamo tenebre, ma che al confronto col fatto cristiano stesso si rischiarano, e lasciano intravvedere la loro misteriosa profondità ed insieme una certa loro nuova meravigliosa bellezza, e sentirete echeggiare dentro di voi, come fossero in questo stesso istante pronunciate, le parole notissime del Vangelo di Giovanni: "La luce risplende nelle tenebre" (Jo, 1, 5); il panorama del cosmo si è illuminato come dalla notte fosse sorto il sole, le cose mostrano un loro incantevole ed ancora esplorabile ordine; e l'uomo quasi ridendo e tremando di gioia viene a conoscere se stesso, e si scopre come il viandante privilegiato che cammina, minimo e sommo, nella scena del mondo, con la simultanea coscienza d'aver diritto e capacità di dominarlo, e d'avere insieme dovere e possibilità di trascenderlo nel fascino d'un nuovo rapporto che lo sovrasta: il dialogo con Dio; un dialogo che si apre così: "Padre nostro, che sei nei cieli...".
Non è sogno, non è fantasia, non è allucinazione. 
È semplicemente l'effetto primo e normale del Vangelo, della sua luce sullo schermo d'un'anima, che si è aperta ai suoi raggi. Come si chiama questa proiezione di luce? si chiama la Rivelazione. 
E come si chiama questa apertura dell'anima? si chiama la fede.
Stupende cose, che attingiamo a quel libro sublime di teologia e di mistica che si chiama il catechismo, cioè il libro religioso delle verità fondamentali. 
Ma questa prefazione vuole oggi interessare quanti ci ascoltano ad una successiva questione, che noi riteniamo di massima importanza rispetto alla condizione ideologica, in cui oggi l'uomo pensante religiosamente si trova; e cioè: il contatto con Dio, risultante dal Vangelo, è un momento iscritto in una naturale evoluzione dello spirito umano, la quale tuttora continua mutandosi e superandosi, ovvero è un momento unico e definitivo, del quale dobbiamo nutrirci senza fine, ma sempre riconoscendone inalterabile il contenuto essenziale? La risposta è chiara: quel momento è unico e definitivo. Cioè la Rivelazione è inserita nel tempo, nella storia, ad una data precisa, ad un avvenimento determinato, che con la morte degli Apostoli si deve dire concluso e per noi completo (cfr. Denz-Sch. 3421). 
La Rivelazione è un fatto, un avvenimento, e nello stesso tempo un mistero, che non nasce dallo spirito umano, ma è venuto da un'iniziativa divina, la quale ha avuto molte manifestazioni progressive, distribuite in una lunga storia, l'antico Testamento; ed è culminata in Gesù Cristo (cfr. Hebr. 1, 1; I Jo. I, 2-3; Cost. del Concilio "Dei Verbum", n. 1).
La Parola di Dio è così finalmente per noi il Verbo Incarnato, il Cristo storico e poi vivente nella comunità a Lui congiunta mediante la fede e lo Spirito Santo, nella Chiesa, cioè il suo Corpo mistico.
Così è, Figli carissimi; e così affermando, la nostra dottrina si stacca da errori che hanno circolato e tuttora affiorano nella cultura del nostro tempo, e che potrebbero rovinare totalmente la nostra concezione cristiana della vita e della storia. 
Il modernismo rappresentò l'espressione caratteristica di questi errori, e sotto altri nomi è ancora d'attualità (cfr. Decr. « Lamentabili » di S. Pio X, 1907, e la sua Enc. Pascendi; Denz-sch. 3401, ss.). Noi possiamo allora comprendere perché la Chiesa cattolica, ieri ed oggi, dia tanta importanza alla rigorosa conservazione della Rivelazione autentica, e la consideri come tesoro inviolabile, e abbia una coscienza così severa del suo fondamentale dovere di difendere e di trasmettere in termini inequivocabili la dottrina della fede; l'ortodossia è la sua prima preoccupazione; il magistero pastorale la sua funzione primaria e provvidenziale; l'insegnamento apostolico fissa infatti i canoni della sua predicazione; e la consegna dell'Apostolo Paolo: "Depositum custodi" (I Tim, 6, 20; II Tim, 1, 14) costituisce per essa un tale impegno che sarebbe tradimento violare. 
La Chiesa maestra non inventa la sua dottrina: ella è teste, è custode, è interprete, è tramite, e, per quanto riguarda le verità proprie del messaggio cristiano, essa si può dire conservatrice intransigente; ed a chi la sollecita di rendere più facile, più relativa ai gusti della mutevole mentalità dei tempi la sua fede, risponde con gli Apostoli: "Non possumus", non possiamo (Act. 4, 21).
Questa troppo sommaria lezione non è qui finita, perché resterebbe da accennare come questa rivelazione originaria si trasmetta attraverso la parola, lo studio, l'interpretazione, l'applicazione; cioè come essa generi una tradizione, che il magistero della Chiesa accoglie e controlla, talvolta con decisiva e infallibile autorità. 
Resterà anche da ricordare come la conoscenza della fede e l'insegnamento che la esibisce, cioè la teologia, possano esprimersi in misura, in linguaggio, in forma diversa; cioè come sia legittimo un "pluralismo" teologico, quando si contenga nell'ambito della fede e del magistero affidato da Cristo agli Apostoli e a chi loro succede.
E resterà ancora da spiegare come la Parola di Dio, custodita nella sua autenticità, non sia, per ciò stesso, arida e sterile, sì bene sia feconda e viva, e destinata non solo ad essere passivamente ascoltata, ma vissuta, sempre rinnovata ed anche originalmente incarnata nelle singole anime, nelle singole Chiese, secondo le doti umane e secondo i carismi dello Spirito Santo, di cui dispone chiunque si fa discepolo fedele della Parola viva e penetrante di Dio (cfr. Hebr. 4, 12).
Forse ne riparleremo, a Dio piacendo. 
Ma bastino intanto questi frammenti di dottrina cattolica a rendervi pensosi, fervorosi e felici». 

Servo di Dio Paolo VI Allocuzione all'Udienza generale del 19 gennaio 1972; « L'Osservatore Romano », 20 gennaio 1972.


Immagine : Lionello Spada , San Girolamo scrivente, c. 1613