venerdì 21 giugno 2013

Il papato di Benedetto XVI è stato come un grande esorcismo che lui ha condotto sulla Chiesa"

" Cari amici,
qualcuno mi ha chiesto il motivo del mio silenzio su questo blog in queste ultime settimane.
Non è semplice dirlo.
In due parole, banalmente, potrei dire che sto sentendo ancora tutto lo sconvolgimento provocato dallo choc delle dimissioni di Papa Benedetto e della elezione di Papa Francesco.

Mi spiego.
Non è per il fatto di una sintonia affettiva con questo o quel Papa. Il papa è papa e basta, chiunque sia, punto.

E dunque non è per un sentire mio personale, quanto piuttosto, direi pure ecclesiologico, se non veramente perciò teologico.
Il fatto è che ho l'impressione che ci sia quasi una voglia di "normalizzazione" nell'ambito ecclesiale (ma anche in buona parte del mondo esterno alla Chiesa) quasi a voler richiudere in fretta la parentesi del pontificato di Benedetto XVI.
Come se questi non ci fosse mai stato.
Non è un problema di continuità con Francesco: che c'è, almeno nel richiamo al suo magistero.
E' come se di fatto, anche tra quelli che credevamo essere tra i più vicini a papa Benedetto, di questo papa si sia avvertito solo la sua "scomodità".

Non si tratta di croci d'oro o di scelte liturgiche diverse o di sensibilità teologiche pre o post conciliari, credo che Benedetto XVI sia stato "indigesto" un po' alla maggioranza della gente (anche vescovi e preti, anzi, forse più vescovi e preti che laici) perché invece di presentare un cristianesimo tutto zucchero e miele e buono per tutti, è andato al cuore del dramma del mondo contemporaneo: la scomparsa di Dio dall'orizzonte del cuore dell'uomo, e quindi al dovere della Chiesa di ricentrare la sua missione sull'unicum necessario, l'annuncio del vangelo. E questo comporta anche il dovere della Chiesa di convertirsi e di rinnegare il male che ne deturpa il volto e che rischia di inficiarne la testimonianza.
Benedetto ci ha riportato al "realismo cristiano" che è l'insegnamento a fondamento della fede cattolica: che significa mettere al centro l'uomo e Dio, il peccato e la grazia.
E cioè ci ha ricordato che il cristiano è nel mondo ma non del mondo.
Se il cristianesimo viene ricondotto in una cornice solamente intramondana è ridotto a filosofia, a morale, ma non è più l'evento che salva e la Chiesa non è più il Corpo di Cristo nel mondo ma solo un club (diviso tra l'altro tra chi lo vorrebbe esclusivo e chi lo pensa nazional-popolare) che pensa solo a ridurre la fame nel mondo.

Chiaramente Benedetto è stato scomodo sia per quelli che pensano solo alla fede come fuga mundi, sia per coloro che vorrebbero che la fede sia solo l'espressione dell'impegno per migliorare questo mondo.
Ma a che giova all'uomo (e alla stessa Chiesa) guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?
Ecco Benedetto ci ha fatto ripensare all'anima, all'impegno per salvarla: cioè a Dio, alla voglia di contemplare il suo volto. Ché per questo noi siamo fatti.
Contro ogni tentativo di ridurre il cristianesimo ad una sorta di religione civile o ad un umanesimo senza Dio (che solo a scriverlo sembra di un'assurdità così lampante che ci si meraviglia di come alcuni non si rendano conto di questa lapalissiana evidenza).

Quello che mi meraviglia (ma poi mica tanto) dunque è come nel mondo cattolico ci sia questo tentativo di far rientrare tutto nella ordinarietà e nella "continuità" così da esorcizzare non solo lo scandalo di un pontificato tutto vissuto da papa Benedetto all'insegna della parresia, la franchezza cristiana, ma lo stesso scandalo della sua rinuncia al papato.
Così tutto è letto come se il suo pontificato fosse stato una parentesi di nostalgia ecclesiale un po' retrò e la sua rinuncia come se fosse il pensionamento di un vecchietto che finalmente arriva all'agognato riposo.

Ma il pontificato di Benedetto brillerà sempre più nel futuro (la storia è giudice equanime) come uno dei più moderni della storia, dove moderno sta correttamente per un confronto con la contemporaneità e le istanze della secolarizzazione, e perciò come un pontificato profetico (e come tutte le profezie sarà il suo svelamento nel futuro a rivelarlo in tutta la sua grandezza).
E perciò la sua stessa rinuncia al papato ha tutti i contorni di una profezia che come Chiesa forse si stenta a comprendere (o si rinuncia a comprendere) e che pure ha una sua valenza tutta da decifrare.
Stranamente ciò che la teologia ha rinunciato a comprendere (ad oggi non mi risulta che ci sia stato qualche tentativo da parte di qualche teologo di leggere teologicamente la rinuncia - e tutto il papato - di Benedetto XVI: forse troppa fretta di chiudere il caso?) è stato oggetto di riflessione da parte di pensatori laici, e non solo del giornalista cattolico Socci o dell'ateo devoto Giuliano Ferrara. Mi riferisco al laico Massimo Cacciari col suo Il potere che frena e l'altro laico Giorgio Agamben con Il mistero del male. Benedetto XVI e la fine dei tempi.

Non è questo il luogo di entrare nel merito di due scritti che da opposte visioni eppure arrivano a medesime conclusioni: che il gesto del Papa vada letto in un'ottica escatologica. Che cioè vada inquadrato nella lettura che l'Apocalisse (ma non solo, anche Paolo) fa della storia, come del luogo in cui si concentra lo scontro tra il Cristo e le potenze del Male. In ultima analisi tra il Cristo e l'anticristo. E l'anticristo, pur essendo animato dalla spirito del mondo, che è il satana, nasce sempre da un contesto ecclesiale, come se lo spirito del mondo fosse riuscito a entrare nella Chiesa e quasi a trionfarne. Non è un caso che Benedetto XVI ricordasse sempre che i veri nemici che attaccano la Chiesa nascono dal suo interno e ne provocano tutta la sua sporcizia. La pedofilia, la corruzione, l'attaccamento demoniaco al denaro e al potere nella Chiesa nascono proprio come espressione anticristica: non si possono leggere come fattori sociologici ma come espressione della lunga apostasia di parte della Chiesa dal suo Signore, e quindi da decriptare teologicamente. In ciò Benedetto, come ogni profeta, è stato incompreso ed inascoltato (o dovremmo dire volutamente equivocato?).

E' come se la Chiesa non comprendesse più se stessa e a chi volesse ricondurla alla sua identità originaria opponesse un netto rifiuto.
Perché di fatto non c'è più una Chiesa ma tante chiese quante sono le teste che la pensano, siano essi vescovi, preti o laici!

Il problema si complica quando si pensa che una incomprensione del ruolo della Chiesa e del cristianesimo porta pure all'incapacità di leggere la storia del mondo o quanto meno ne provoca una lettura distorta. E al ruolo del cristiano nel mondo.
E' come se la lettura buonista del mondo che si è avuta nel postconcilio abbia provocato la rinuncia ad una lettura teologica, e quindi escatologica, della storia.
Perché un conto è dire che si aspetta il ritorno del Signore e la venuta del suo regno, un conto è dire che siamo qui sulla terra per costruire la civiltà dell'amore e rendere il mondo migliore e basta.
Perché il regno di Dio non è semplicemente questo mondo reso migliore dall'impegno degli uomini (altrimenti Dio che ci starebbe a fare?).

Una prova della rinuncia a una lettura escatologica della storia, e quindi alla incapacità di leggere teologicamente la storia stessa della Chiesa ed un evento epocale quale il pontificato e la rinuncia di Benedetto, è stata la marginalizzazione di tutta una letteratura non solo cattolica, ma anche anglicana e ortodossa, che - profeticamente - agli inizi del '900 aveva descritto con incredibile lucidità l'apostasia della Chiesa e dell'Occidente cristiano fino a preconizzare i segni della venuta dell'anticristo. Mi riferisco al Soloviev dei Tre dialoghi e il racconto dell'Anticristo (scritto nel 1900), e al romanzo (scritto nel 1903) di Robert Benson, Il padrone del mondo, in cui l'apostasia ecclesiale è introdotta dal trionfo del naturalismo, dell'animalismo, del pacifismo, dell'umanitarismo, dell'unione europea in chiave anticristiana... fino alla introduzione di un governo mondiale stile Grande Fratello ante litteram: cose che scritte un secolo fa sembrano essere la cronaca di quanto ultimamente avviene ai nostri giorni. Dove la sorte finale sarà quella del trionfo, dopo la sua durissima prova, della Catholica e del papato.

Perché si è perso questo sguardo cattolico? Perché mentre un russo ortodosso e un anglicano inglese (capofila di illustri intellettuali che dopo Newman, nel '900 si convertiranno al cattolicesimo, quali Chesterton, Green...) vedono la salvezza nella chiesa cattolica, in Pietro, i cattolici oggi hanno quasi paura di dirsi tali? Ci si dice solamente cristiani, dove cristiano sta per un ondivago sentire buonista che comprende di tutto di più ma a volte senza ormai il solo Cristo!

Benedetto XVI ha confessato che proprio i libri suddetti sono stati tra quelli che hanno contribuito alla sua formazione teologica (perché a volte un buon romanzo è meglio di un libro di teologia scolastica), così come hanno nutrito le altre grandi menti del '900, anche laiche.
Ora è come se questo filo si sia spezzato.

Non so - e mi si scusi l'ardire e non vuole essere un giudizio - se questi libri concorrono ancora alla formazione del sentire cattolico dei nostri preti e dei nostri vescovi, di chi dovrebbe cioè educare alla forma cattolica del vivere la fede cristiana.
Se sento la gioia di essermi potuto formare alla scuola di questa grande tradizione cattolica, sento oggi la pena e la solitudine di non riuscire a comunicare questo sentire cattolico con altri, seppure ecclesialmente impegnati, fossero anche preti e vescovi (e se non con loro, vuoi che ci riesca con semplici laici buoni ma imbottiti di idee "moderniste"?).

Oggi sperimento quasi quella che un grande epistemologo chiamò la "incomunicabilità dell'evidenza". Come se ci fosse una sorta di follia collettiva che impedisca di vedere ciò che pure dovremmo vedere: "magari foste ciechi..."
La rinuncia di Benedetto ci provoca e ci riporta alla lotta contro l'anticristo che ognuno di noi deve condurre.

Il papato di Benedetto è stato come un grande esorcismo che lui ha condotto sul corpo malato, indemoniato, della Chiesa: e come ogni esorcista sa, ogni scontro col nemico indebolisce le forze di chi vi lotta contro. Benedetto XVI ha esaurito le sue forze in questo combattimento contro le forze del Male che gli hanno riversato contro ogni sporcizia della Chiesa fino a fargli provare lo sconforto dell'abbandono e del tradimento. Per questo si è fatto da parte, per continuare a combattere con l'unica arma efficace che è la preghiera, e per dare l'opportunità a nuove e fresche forze di subentrare in questa lotta: non dimentichiamo che non c'è predica quotidiana in cui papa Francesco non richiami i tentativi del diavolo di stravolgere l'opera del Cristo e della Chiesa.

Una cosa che vorrebbero farci dimenticare: che la maggior parte dei miracoli di Cristo sono stati esorcismi.
il diavolo ha ingannato tanti col far credere che lui non esiste. Ma il suo gioco è stato scoperto.
Questi sono i suoi colpi di coda, i più pericolosi, prima della sconfitta finale, perciò non possiamo più essere ingenui.
Questo è il tempo dell'Armagheddon ".

Pubblicato da Padre Ignazio La China