giovedì 8 novembre 2012

RICHARD WILLIAMSON ESPULSO DALLA FSSPX : LA RIFLESSIONE DI MARCO BONGI


In questo clima arroventato di polemiche, spesso sterili e preconcette, appare davvero difficile tentare un'analisi equilibrata della recente esclusione di mons. Richard Williamson dalla FSSPX.
Chi parla di più, e in un certo senso ciò è comprensibile, sono i sostenitori del vescovo inglese il quale tuttavia, al di là dei suoi "fedelissimi", non moltissimi in verità, può comunque contare su una diffusa simpatia anche fra i "lefebvriani" comuni, soprattutto laici, che ne hanno sempre ammirato il coraggio, la determinazione e, ancor di più, la capacità di rivolgersi direttamente ai fedeli, senza eccessive mediazioni ecclesiastiche.
Per valutare tuttavia la fondatezza delle proteste di tutti costoro occorre dare una risposta, chiara e non semplicemente allusiva, ad una semplice domanda: La Fraternità San Pio X, dal 2000 in avanti, ha modificato la propria posizione dottrinale?
Solo se la risposta fosse positiva e dimostrata avrebbe un senso paragonare mons. Williamson a mons. Lefebvre, come lui stesso fa: il fondatore, in altre parole, sarebbe stato scomunicato perchè rifiutava di obbedire ad ordini contrari alla Fede di sempre, così oggi Williamson sarebbe escluso perchè si oppone al possibile accordo con la Roma modernista.
Questa similitudine mi pare francamente azzardata o comunque priva di fondamento almeno fino a quando non si dimostrerà inequivocabilmente il mutamento dottrinale degli attuali dirigenti della FSSPX.
E in effetti, se si scandagliano attentamente le prese di posizione dei "Williamsoniani", si nota facilmente che le "prove" da loro portate in tal senso appaiono davvero fragili ed inconsistenti: l'aver accettato un invito a pranzo da parte di un Cardinale nel 2000..., l'affermazione, slegata dal contesto, che il Concilio Vaticano II sarebbe buono al 95%, l'essere andati a Roma a discutere conla CDF, poche citazioni, stiracchiate per i capelli, di "portavoci" o sacrestani di qualche cappella..., quasi nulla, in verità, se si prescinde dal legittimo e cattolicissimo desiderio di giungere, prima o poi, ma senza alcun compromesso sulla Fede, al riconoscimento canonico a cui la FSSPX ha indubbiamente diritto.

Ciò che probabilmente è cambiato ultimamente, in taluni esponenti della Fraternità, è lo stile comunicativo. Tale mutamento di linguaggio, se effettivamente c'è stato, è però sicuramente un bene ed anzi potrà solo produrre effetti positivi nella battaglia della Tradizione..
In altre parole: un uomo o una donna che,senza magari aver vissuto l'epoca del Concilio e frequenti, in assoluta buona fede, la propria Parrocchia, come potrebbe reagire sentendosi apostrofare, come purtroppo ancora avviene su molti sitio periodici sedicenti "tradizionalisti" con epiteti del tipo: "assassino della Fede", "membro della cricca vaticansecondista", "seguace del conciliabolo massonico" ecc. ecc.? Fuggirebbe inorridito, e a ragione, rifiutandosi anche di approfondire le vere motivazioni che stanno alla base dell'attuale situazione.
Senza contare, e su questo punto mi sono già pronunciato con chiarezza più volte, che non è cattolico, e non lo sarà mai in nessuna occasione, rivolgersi al Pontefice, di cui si riconosce l'autorità, con espressioni irrispettose, irridenti, insolenti, sarcastiche, ironicamente amare e addirittura offensive. Tutti costoro, se intendono proseguire lungo questa strada, debbono almeno avere il coraggio di dichiararsi apertamente "sedevacantisti", con tutto ciò che questa decisione comporta.

I comportamenti di mons. Williamson, che, in questa prospettiva, potremmo invece eufemisticamente definire "esuberanti" e sicuramente imprudenti, sono davvero innumerevoli. Non mi sembra il caso di tornare sulle improvvide dichiarazioni del 2008 ma coloro che accusano mons. Fellay di voler distruggere la FSSPX dovrebbero ricordare che la medesima ha rischiato serissimamente di essere soppressa in tutta la Germania. E per cosa? Per questioni storico-politiche assolutamente avulse dalla Fede.
Molti ricordano inoltre una famosa omelia, pronunciata da mons. Williamson a Saint Nicholas du Chardonnet, nella quale assumeva le difese, forse per puro spirito di contraddizione, dell'abbè Laguerie finito poi, come tutti sanno, nell'accordismo pratico del Istituto Buon Pastore.
Un altro episodio ci può illuminare circa l'atteggiamento altalenante di mons. Williamson. Oggi, vedi Commenti Eleison n. 277, egli invita i sacerdoti a "volare basso" ed a mantenersi all'interno della FSSPX. Non più che qualche mese fa invece, nel corso di un viaggio in Asia, su invito del Superiore di tale distretto che, giustamente a mio parere, cercava di "recuperare" l'apostolato episcopale di mons. Williamson, il presule invitava apertamente alcuni sacerdoti a lasciare la Fraternità. Quelli che improvvidamente lo hanno ascoltato si trovano oggi soli, cornuti e mazziati mentre il loro "mentore" invita i confratelli a "volare basso".
E' legittimo dunque sospettare che..., in fondo questa vicenda non nasconda nulla di dottrinale ma solo, o soprattutto, astii personali, piccoli risentimenti e ripicche che sempre, anche purtroppo prima del Concilio, hanno condizionato l'operato di non pochi uomini di Chiesa.
A conferma di ciò vorrei ancora ricordare come lo stesso abbè de Caqueray, superiore del distretto di Francia e non certo accusabile di "accordismo", da moltissimi anni non invitava più mons. Williamson sul territorio di sua competenza. Ne temeva probabilmente proprio l'imprudenza e la capacità di creare confusione laddove invece era quanto mai necessario l'ordine e il buon senso.
E' verissimo quindi che, come dice il nostro Vescovo, il bene della Verità è più importante di quello dell'unità. E' altrettanto vero tuttavia che l'unità è di gran lunga più importante dei contrasti personali e delle beghe di sacrestia.

Ciò detto e ribadito però mi chiedo: l'allontanamento del Vescovo inglese era davvero l'unica soluzione praticabile? Era proprio necessario, in questo momento delicato, dare in pasto, ai modernisti ed ai mass-media, un boccone così "prelibato" come la divisione fra i Vescovi ordinati nel 1988 da mons. Lefebvre?
Certo nessuno di noi può conoscere la vicenda nelle sue reali proporzioni; il Superiore Generale avrà avuto a disposizione elementi di giudizio più approfonditi dei nostri. Penso comunque che sia legittimo, per un fedele, chiedersi se, vista la spiritualità, il clima di preghiera e la possibilità di discutere tranquillamente "guardandosi negli occhi" instauratesi nel Capitolo Generale, non sia stato un errore strategico privare mons. Williamson di questa opportunità di confronto con i confratelli.
Forse si aveva il timore della possibile divulgazione di segreti? Forse si paventava un eccessivo condizionamento sui capitolanti?
Probabilmente non lo sapremo mai. Sta di fatto però che il Capitolo ha contribuito non poco a rasserenare e ricompattare la Fraternità ed anche altri suoi esponenti di rillievo hanno potuto fugare molti dei dubbi che li attanagliavano prima. Perchè a mons. Williamson non è stata data questa possibilità?

E infine..., anche se proprio non si intravvedeva alcuna concreta possibilità di soluzione, perchè non è stata seguita la strada che, il medesimo mons. Williamson, con l'innegabile senso dell'umorismo, tutto inglese, che lo contraddistingue, ha indicato nel suo commento "Eleison" n. 276?

" Se il problema fosse stato la persona, non ci sarebbero state serie conseguenze. Si tratta infatti di un 72enne ("più o meno rimbambito") con ancora non tanti anni di attività davanti a sé.
Egli avrebbe potuto essere tranquillamente ignorato o ulteriormente screditato se necessario, lasciato a sbraitare e a farneticare nel suo isolato ritiro".

Questa è stata, in fin dei conti, la via seguita almeno da cinque o sei anni a questa parte. Era proprio necessario cambiare rotta oggi?
Al termine di queste mie semplici considerazioni, del tutto personali, mi permetto quindi, al di là di ogni umana speranza, di invitare gli amici alla preghiera affinchè, al termine di questo periodo travagliato, i quattro Vescovi della FSSPX possano, sia pur avendo idee diverse su alcuni fatti contingenti, almeno festeggiare insieme, il 29 giugno 2013, il Giubileo della loro ordinazione episcopale. Sarebbe almeno un segno di rispetto di fronte alla memoria di mons. Marcel Lefebvre.


Marco BONGI